Vedere un film e avere voglia di partire. Con il desiderio di raggiungere quelle località e ammirare dal vivo quei meravigliosi scorci che fanno da scenografia ad un film o ad una serie tv. L’arte e i mezzi di comunicazione, hanno da sempre influenzato l’immagine di una destinazione. A partire dal XVII secolo quando romanzi, racconti e diari di viaggio hanno dato vita al Grand tour. Nel XX secolo invece qualcosa è cambiato, o meglio, si è evoluto e raffinato, merito sicuramente delle nuove tecnologie e delle moderne tecniche comunicative che hanno permesso una progressione, sempre più dirompente, dell’industria cinematografica.
Adesso sono le pellicole a spingere le persone a mettersi in viaggio e a rendere quei luoghi poco conosciuti noti al grande pubblico. Basti pensare al famoso film di Federico Fellini La dolce vita (1960) o a Vacanze romane (1953) di William Wyler, che hanno attirato a Roma, e ancora oggi lo fanno, più turisti di quanti ne siano stati mai richiamati da qualsiasi efficace campagna promozionale. Ed ancora, tra i casi più importanti e recenti in tutto il pianeta, si può ricordare la notevole crescita turistica che la saga de Il signore degli anelli ha portato alla Nuova Zelanda, o il grande numero dei fan di Sex and the city che a New York amano fare un tour delle location della serie tv.
Si entra nel campo del cosiddetto cineturismo, un fenomeno in crescita nel nostro Paese ma che il sistema Italia ancora non sa sfruttare appieno. Ne abbiamo parlato con il prof. Filippo Grasso, esperto di turismo e docente di Analisi di mercato nei corsi di laurea in Scienze del Turismo dell’Università di Messina, autore del libro “Turismo: governare il territorio, gestire le risorse, promuovere la destinazione” (Maurfix Editore, 2018).
Che cos’è il cineturismo?
«Il cineturismo si sta rapidamente configurando come un vero e proprio segmento dell’offerta turistica, caratterizzata da un’utenza che si mette in viaggio, in cerca dei luoghi e dei set utilizzati per le riprese di film cult o di serie tv di successo. Il turismo coinvolge fasce sempre più ampie e differenziate della popolazione, e questa è ormai una caratteristica del turismo a livello mondiale. Anche perché il turismo di massa sta sempre più perdendo terreno, mentre si affermano forme di turismo altamente personalizzate in grado di far vivere al turista un’esperienza unica, in grado di valorizzare al massimo il tempo dedicato alla vacanza, che lo fa star bene non solo sul piano fisico, ma anche relazionale e che lo arricchisce culturalmente».
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Il cineturismo quindi come leva del nuovo turismo esperenziale?
«Ad essere cambiata è l’idea stessa di turismo: ci sono sempre meno turisti e sempre più viaggiatori, si va alla ricerca soprattutto della dimensione esperienziale del viaggio, che inizia ben prima della partenza e si protrae a lungo oltre il ritorno a casa. È chiaro che il viaggiatore che si sposta per visitare i luoghi resi celebri da un film è mosso da una motivazione interiore, che è quella di vivere in prima persona i luoghi da spettatore attivo e portare con sé un’esperienza memorabile da raccontare al ritorno nella routine quotidiana. Ecco perché il cineturismo è da intendere come risorsa di gran valore sulla quale puntare, essendo esso una declinazione dello storytelling e del marketing territoriale. Comunicare un territorio, un luogo, un monumento, una chiesa, un museo, la strada di una città, un ristorante, un albergo si rivela una scelta vincente che deriva dalla letteratura, considerando che nei secoli scorsi i viaggi in Italia e i relativi resoconti di grandi scrittori, spesso in forma di romanzo o diario di viaggio, diedero vita al Grand tour. In buona sostanza il cineturismo è un’emergente motivazione al viaggio, che si aggiunge alla già variegata domanda turistica del viaggiatore alla ricerca di nuove esperienze da vivere in condivisone con la comunità del luogo».
Quali sono gli esempi di cineturismo in Italia?
«L’Italia è un vero e proprio set a cielo aperto, presenta un patrimonio ancora inesplorato che potrebbe tradursi nella creazione di nicchie di mercato sempre più significative dal punto di vista turistico. In Basilicata, ad esempio, è anche grazie al cinema, da Pasolini a Mel Gibson, che è cominciata la rinascita di Matera culminata con la consacrazione a capitale europea della cultura nel 2019. Ancora più a Sud, in Sicilia, continua il successo dei luoghi di Montalbano che hanno rilanciato non solo il mare di Puntasecca con la leggendaria casa sulla spiaggia del commissario figlio della penna di Camilleri, ma tutta la Val di Noto con il suo barocco. Tantissime sono poi le iniziative intraprese dagli operatori dell’ospitalità: i B&B con stanze tematiche per gli ospiti e l’albergo diffuso. E ancora: il bar-museo del Padrino a Savoca, la locanda del Postino a Pollara, le dimore storiche del Gattopardo a Bagheria e i luoghi dove furono girate alcune scene della “Cavalleria rusticana” di Zeffirelli a Palazzolo Acreide. Spesso i tour operator offrono ai cineturisti veri e propri itinerari culturali. Senza dimenticare i piccoli musei del cinema disseminati nei tanti borghi e la realizzazione di spazi archivistici e cineteche».
Quali sono i vantaggi che il cineturismo porta ai territori?
«I benefici economici prodotti sul territorio dalla scelta di una determinata location non si traducono solo in un accrescimento della domanda del settore turistico, ma le produzioni cinematografiche possono rappresentare un vero e proprio fattore di sviluppo dell’economia locale. Il cineturismo incide molto sulla costruzione dell’immagine di un territorio (brand image) perché non sono delle “immagini indotte” (tipiche della stucchevole comunicazione turistica per promuovere una determinata destinazione), ma sono “immagini organiche” (che non hanno uno scopo turistico e provengono dall’immaginario collettivo, dalla storia, da fonti di cultura popolare o dai mass media) assorbite tramite l’identificazione dello spettatore in un momento di svago. È chiaro che l’impatto del cineturismo rianima il territorio facendo leva sull’attrazione dei flussi spontanei in outgoing; diversifica l’offerta turistica del territorio durante l’arco dell’anno; destagionalizza i flussi non essendo soggetto a tempo meteorologico alleggerendo la capacità di carico o sostenibilità territoriale nelle aree già note; motiva il prolungarsi del soggiorno del viaggiatore nelle location cinematografiche; consente, soprattutto ai centri più piccoli o comunque meno noti, di far conoscere la propria identità e le proprie peculiarità territoriali».
Come può una località diventare location di un film?
«Affinché una destinazione turistica venga scelta e apprezzata come set cinematografico, è necessario un lungo quanto accurato lavoro di pianificazione da parte delle istituzioni locali, i quali devono essere i primi a muoversi per realizzare tutta una serie di servizi ed infrastrutture per rendere il territorio accessibile e fruibile affinché poi l’indotto prodotto da questa nuova tipologia di viaggio porti benefici all’intera comunità ed economia locale. Le attrazioni naturali fondano il proprio successo su tre elementi: unicità, specificità e inimitabilità. Tali ingredienti costituiscono un’importanza fondamentale quando è il momento di scegliere la destinazione, sia per le produzioni cinematografiche o televisive, sia per i turisti o cineturisti».
Quali strategie si possono mettere in campo per essere una destinazione turistica di successo?
«Il cineturismo rientra nelle strategie di turismo culturale in cui la destination marketing da porre in essere deve favorire la crescita socio-economica dei territori, attraverso la pianificazione di obiettivi condivisi, con un’offerta turistica mirata, con il pieno coinvolgimento di tutti gli stakeholder per la creazione o il rafforzamento di reti sul territorio, con una adeguata promozione e comunicazione turistica».