Nonostante la decisione del presidente russo Vladimir Putin di imporre il pagamento in rubli ai «Paesi ostili», l’Italia resta in «stato di preallarme» relativo alla crisi energetica. Preallarme (“early warning”), allarme (“alert”) ed emergenza (“emergency”): sono tre i livelli di crisi previsti dal «Piano di emergenza del sistema italiano del gas naturale» (aggiornato al 30 settembre 2020), un piano che a Palazzo Chigi, al ministero dello Sviluppo Economico e al ministero della Transizione Ecologica è oggetto di continua analisi e valutazione da parte dei tecnici.
Il governo ha smentito che siano in corso valutazioni sull’attivazione dello stato di allarme a fronte della possibile crisi energetica legata ad uno stop delle forniture di gas dalla Russia per ora assai improbabile nonostante le dichiarazioni e minacce del Cremlino sull’obbligo di pagamento in rubli. «Ogni notizia in merito riportata sugli organi di informazione è destituita di fondamento – si legge nella nota – Permane lo stato di preallerta che comporta il costante monitoraggio della situazione».
Lo scorso 26 febbraio, due giorni dopo l’invasione russa in Ucraina, il ministero della Transizione ecologica aveva dichiarato lo stato di preallerta sulla base di alcune considerazione fatte con il Comitato Tecnico di Emergenza e Monitoraggio del sistema gas nazionale. La definizione era stata adottata a fronte della «guerra sul territorio attraverso cui passa gran parte delle forniture di gas naturale che approvvigionano il sistema italiano». Per questo, veniva ritenuto «opportuno predisporre eccezionali misure preventive volte a incentivare un riempimento dello stoccaggio anticipato rispetto alle procedure normali», benché la situazione delle forniture fosse al momento «adeguata a coprire la domanda interna».
Finora l’attuale stato di preallarme non ha avuto, in termini di forniture e utilizzo, alcun effetto sulla quotidianità dei cittadini e delle imprese, il livello di “allerta 1” interviene solo sugli operatori del sistema imponendo «la massima ottemperanza circa la correttezza delle previsioni di immissione e prelievo di gas da parte del mercato in modo da permettere la valutazione migliore sull’evoluzione dello stato di preallarme». La principale caratteristica del preallarme è che il settore del gas (trasporto, distribuzione, stoccaggi, vendita) continua a operare a condizioni di mercato, sebbene in allerta. Le possibili contromisure, in caso di difficoltà, prevedono un aumento delle importazioni di gas, la riduzione di domanda interna di gas attraverso lo stop dei contratti «interrompibili» di natura commerciale, l’utilizzo di combustibili alternativi negli impianti industriali.
Lo stato di allarme, scatta in caso di interruzione o riduzione degli approvvigionamenti di gas (il rischio che si prefigura dopo il diktat di Putin sui pagamenti in rubli), e consente al ministero dello Sviluppo Economico di chiedere a Snam di ridurre le forniture di gas destinate agli operatori di energia. Anche in questo caso le contromisure prevedono un aumento delle importazioni, interventi per la riduzione della domanda del gas e utilizzo di combustibili alternativi negli impianti industriali. Il piano di emergenza prevede, inoltre, che Snam si coordini in modo continuativo con Terna, le imprese di stoccaggio e di rigassificazione per monitorare le condizioni e l’evoluzione dell’intero sistema nazionale del gas.
L’emergenza scatta in caso di «un’alterazione significativa dell’approvvigionamento o interruzione delle forniture». Uno scenario critico, dove le condizioni di mercato sono sospese e il governo è libero di adottare misure più drastiche: utilizzo di gas per produrre energie elettrica che non sia destinata alla domanda interna italiana, definizione di nuove soglie di temperatura per il riscaldamento domestico, sospensione dell’obbligo di fornitura di gas verso i clienti non tutelati, sospensione della tutela dei prezzi stabiliti dall’Autorità di regolazione dell’energia, il ricorso agli stoccaggi strategici, l’attivazione di misure di cooperazione o solidarietà da parte degli altri paesi Ue. Un contesto che non esclude la possibilità di intervenire anche sull’illuminazione pubblica nei centri urbani e lungo le strade italiane.