L’intervista del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov a Rete 4 continua a far discutere e non solo per la frase sulle origini ebraiche di Adolf Hitler, con un paragone inaccettabile con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha provocato tra l’altro la reazione sdegnata di Israele. Ma ha anche segnato una svolta nel racconto mediatico della guerra di Putin. Fino all’ultima puntata di Zona Bianca, in nome della libertà d’espressione, alcuni canali tv e qualche testata giornalistica avevano ospitato personaggi dediti a giustificare, comprendere o relativizzare le posizioni russe. Ma nessuna tv europea dall’inizio del conflitto in Ucraina aveva invitato un esponente del governo russo. Molti si domandano perché sia stata scelta proprio l’Italia con il proposito sottinteso di destabilizzare la politica.
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Dopo le polemiche e le dichiarazioni del premier Mario Draghi nel corso della conferenza stampa di ieri durante la presentazione del Decreto Aiuti, ora arriva la reazione da Mosca. A parlare è la portavoce di Lavorv Maria Zakharova che, su Telegram, in merito alle parole premier italiano che «ha criticato il programma della tv italiana in cui è intervenuto per 40 minuti il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, definendolo non un’intervista ma un comizio» ha specificato: «L’iniziativa di condurre l’intervista non è venuta dal ministero degli Esteri russo, ma da giornalisti italiani». «Voglio che i cittadini italiani sappiano la verità – afferma Zakharova – perché i politici italiani stanno prendendo in giro il loro pubblico».
La politica si divide sull’opportunità di dare spazio all’esponente del governo di Mosca con la sua prima intervista a una tv europea dal via alla guerra in Ucraina, ma anche sulle modalità della sua conduzione da parte di Giuseppe Brindisi, accusato di aver lasciato troppa libertà di parola al suo interlocutore senza contraddire le sue affermazioni più contestate. Fortemente critico nazionale il segretario del Pd, Enrico Letta, secondo il quale l’Italia «non può permettersi di avere una grande tv che trasmette uno spot di propaganda intollerabile, insopportabile contro un Paese bombardato con frasi ignobili su Hitler e gli ebrei». I dem accusano il conduttore di aver concesso un soliloquio a Lavrov, mentre per Laura Garavini di Iv si è trattato di «uno spettacolo offensivo per una democrazia come la nostra». «Su Rete 4 si è superato ogni confine della decenza», attacca Iolanda Di Stasio, deputata M5s. Critica le affermazioni del ministro russo, ma difende la scelta di Mediaset gran parte del centrodestra, a partire dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. «Se oggi gli italiani vanno meglio le ragioni per le quali è necessario difendere l’Ucraina – afferma – è anche grazie alla libertà di stampa».
Mentre dalla Commissione Ue arriva un monito ai media italiani sulla propaganda di Mosca, Mediaset difende la sua scelta. «Le deliranti affermazioni del ministro degli esteri russo Lavrov a «Zona Bianca» rivestono particolare importanza perché confermano chiaramente la mancanza di volontà da parte di Putin di arrivare ad una soluzione diplomatica della guerra dei russi contro l’Ucraina. E comunque la si pensi, oggi sappiamo qualcosa in più della Russia e di chi la governa», afferma Mauro Crippa, direttore generale Informazione Mediaset, che definisce «falsi storici» gli «assurdi parallelismi su Hitler e gli ebrei». «Ma Lavrov – prosegue Crippa – è il numero due della Federazione Russa. L’intervista è un documento che fotografa la storia contemporanea».
Il tema sarà affrontato dal Copasir, che è stato già investito dalla Commissione di Vigilanza dopo le polemiche seguite alle interviste di giornalisti russi in Rai e nelle altre tv. «Abbiamo già previsto una specifica istruttoria anche con le audizioni dei vertici di Agcom e Rai» afferma il presidente del Copasir, Adolfo Urso. A tracciare una linea è un canale della Commissione Ue, secondo il quale ospitare giornalisti di media bloccati dalle sanzioni – come Sputnik e Russia Today – non deve eludere le sanzioni Ue contro la propaganda russa sull’Ucraina. «Non si tratta – spiega – di censurare le opinioni ma è importante che sia contestualizzato il loro background». Inoltre «le emittenti di Ue e Stati membri non devono consentire l’incitamento alla violenza o all’odio nei programmi, come previsto dalla direttiva» sulle attività dei media Ue.
La polemica per le parole di Lavrov infiamma proprio nella Giornata mondiale della libertà di stampa. Ogni anno il 3 maggio si celebra la Giornata mondiale della libertà di stampa per riaffermare questa libertà come diritto fondamentale, per difendere i media dagli attacchi alla loro indipendenza e per ricordare tutti i giornalisti uccisi nell’esercizio della loro professione. La Giornata è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993 a seguito della Raccomandazione adottata dalla Conferenza Generale dell’Unesco nel 1991, che aveva risposto all’appello dei giornalisti africani e alla loro storica Dichiarazione di Windhoek sul pluralismo e l’indipendenza dell’informazione.
Nell’annuale classifica stilata da Reporters sans frontières sulla libertà di stampa mondiale, l’Italia scende alla 58esima posizione. Un risultato deludente visto che perde 17 posizioni rispetto ai dati diffusi nel 2021 quando era al 41esimo posto. Sono in totale 180 i Paesi valutati da Rsf nel suo indice 2022. Di questi, il 73% è caratterizzato da situazioni “molto gravi”, “difficili” o “problematiche” per la professione giornalistica, dovute all’aumento del “caos informativo” e della disinformazione. Le prime tre posizioni sono occupate da Norvegia, Danimarca e Svezia. Bisogna scendere fino alla 16esima posizione per trovare la Germania, alla 24esima per il Regno Unito e alla 26esima per la Francia. Ancora più giù, alla 42esima si piazzano gli Stati Uniti. L’ultimo posto è della Corea del Nord, preceduta da Eritrea (179) e Iran (178). Sostanzialmente sono solo otto i Paesi che mostrano una “buona situazione”, contro i dodici dello scorso anno. Numeri che dovrebbero far riflettere.