Un’ordinanza, quella del tribunale di Firenze sul tema dei vaccini anti-Covid, destinata a far discutere: il giudice della seconda sezione, Susanna Zanda, che ha firmato il provvedimento cautelare, ha infatti revocato il divieto di lavoro per una psicologa che esercita a Pistoia e che aveva scelto di non fare il vaccino. Adesso la dottoressa potrà tornare a visitare i suoi pazienti.
In questi due anni segnati dal Covid-19 sono state compromesse diverse libertà personali, attraverso l’introduzione del lockdown, delle mascherine obbligatorie, il distanziamento sociale, il green pass, la vaccinazione obbligatoria per gli over 50 ed il personale sanitario. Molti cittadini determinati nel voler difendere le libertà personali e la libera scelta vaccinale hanno subìto la sospensione dal proprio posto di lavoro pur di mantenere saldi i propri ideali e valori. Tra questi anche una dottoressa di Pistoia: un provvedimento dell’ordine degli Psicologi della Toscana le vietava di esercitare la sua professione di psicologa perché non vaccinata.
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Ma adesso una ordinanza ristabilisce equità per i lavoratoti non vaccinati. Come scrive infatti La Verità, che ha seguito da molto vicino la vicenda, le motivazioni fornite dal giudice sono rivoluzionarie: «La professionista – si legge nelle carte – non può essere costretta, per poter sostentare sé stessa e la sua famiglia, a questi trattamenti iniettivi sperimentali talmente invasivi da insinuarsi nel suo Dna, alterandolo in un modo che potrebbe risultare irreversibile, con effetti ad oggi non prevedibili per la sua vita e salute». Definire i vaccini anti-Covid come «trattamenti iniettivi sperimentali» non è una cosa di poco conto, visto che in televisione finora è stato derubricato a complottismo.
Il giudice ha fondato la sua sentenza sul fatto che il decreto legge n. 44 del 2021, quello che impone l’obbligo vaccinale al personale sanitario, era stato giustificato con l’obiettivo di impedire la diffusione della malattia e lavorare «in sicurezza». Cosa che, dati dell’Aifa e dell’Iss alla mano, si è rivelata «uno scopo irraggiungibile». Del resto, specifica la sentenza, questo si evince anche dai bollettini che «riportano un dilagare del contagio con la formazione di molteplici varianti virali e il prevalere numerico delle infezioni e dei decessi proprio tra i soggetti vaccinati con tre dosi». Il testo del provvedimento contesta pure il fatto che a tutt’oggi «non si conoscono i componenti dei sieri e gli effetti a medio e lungo termine come scritto dalle stesse case produttrici mentre si sa che nel breve termine hanno già causato migliaia di decessi ed eventi avversi gravi».
Inoltre, si evidenzia che «le varie convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia vietano l’imposizione di trattamenti sanitari senza il consenso dell’interessato perché ne verrebbe lesa la sua dignità e che la Costituzione «non consente allo Stato e a tutti i suoi apparati centrali e periferici di imporre alcun obbligo di trattamento sanitario senza il consenso dell’interessato». Il giudice rileva, altresì, «un’innegabile discriminazione rispetto ai colleghi vaccinati che possono continuare a lavorare pur avendo le stesse possibilità di infettarsi e trasmettere il virus».
Stando così le cose, è evidente che qui la questione non è né giuridica, né tanto meno sanitaria, ma squisitamente politica. Non è un caso che l’Ordine degli psicologi della Toscana abbia subito annunciato di voler far ricorso. Ma se questa era una mossa prevedibile, desta invece stupore e preoccupazione la presa di posizione del Consiglio dell’Ordine dei medici, chirurghi e odontoiatri di Firenze, che ha espresso la propria «totale solidarietà» all’Ordine degli psicologici contro la psicologa in questione con queste parole: «Tutti gli Ordini delle professioni sanitarie devono rispettare il decreto legge 44 del 2021. E la vaccinazione è un obbligo morale degli esercenti le professioni sanitarie».
La sentenza del tribunale di Firenze, quindi, rischia di creare un precedente e di aprire la strada ad altri ricorsi in merito al vaccino anti-Covid. Il prossimo 15 settembre si terrà l’udienza di merito per discutere la revoca, la conferma o la modifica del provvedimento in contraddittorio. Secondo Zanda ci sarebbe stata una «innegabile discriminazione rispetto ai colleghi vaccinati». In questa situazione ci sono centinaia di lavoratori: ci sarà da capire cosa accadrà.