Delle 500 morti nella fascia degli under 40 durante i mesi caldi della campagna di vaccinazione in Italia non ne parla più nessuno. Intanto, nuovi dati allarmanti arrivano dall’Inghilterra. Esaminando i dati dell’Office for National Statistics, ovvero l’Istat londinese, emerge che da gennaio 2021 a gennaio 2022, nella fascia d’età 18-39 anni, il tasso di mortalità ogni 100.000 abitanti risultava quasi sempre più alto tra i vaccinati che tra i non vaccinati.
La forbice più ampia riguardava la fetta di popolazione che aveva ricevuto due dosi da almeno 21 giorni: a settembre 2021, tra costoro si contavano 125,9 decessi ogni 100.000 persone, contro i 46,8 tra i non vaccinati. Un tasso più elevato del 169%. Il picco è stato però raggiunto lo scorso novembre: 33,4 morti ogni 100.000 abitanti tra i non vaccinati, contro 107 tra i vaccinati con due punture. Il 220,4% in più.
Il tasso è stato calcolato su un bacino di 100.000 individui, dunque non vale la vecchia obiezione del paradosso statistico, quell’illusione attribuibile al fatto che i vaccinati sono molti di più dei non vaccinati, in tutti i Paesi occidentali. Alla fine, in media, in Inghilterra, chi ha ricevuto la doppia dose, tra gennaio 2021 e gennaio 2022, ha avuto il 91,4% in più di probabilità di morire rispetto a chi si è opposto alla vaccinazione.
Resta da capire da cosa dipenda il gigantesco divario. Gli under 40 inoculati potrebbero essere stati in parte uccisi proprio dal virus con un fallimento del medicinale che doveva invece proteggerli. Oppure, nel bel mezzo di una pandemia che ha sovraccaricato gli ospedali, potrebbero essere rimasti vittime di altre malattie trascurate dal sistema sanitario concentrato soltanto sugli effetti del coronavirus. Altrimenti, come riporta La Verità, bisognerebbe pensare a pure fatalità: i vaccinati hanno goduto di più vita sociale, quindi, sono stati più esposti, ad esempio, a sinistri stradali. La quarta ipotesi – la più inquietante – è che il vaccino abbia giocato un ruolo in quelle morti; e il fatto che i più falcidiati fossero i soggetti inoculati due volte, a meno di un mese dalla seconda iniezione, sarebbe un indizio in quella direzione. In effetti, le miocarditi colpiscono soprattutto dopo che è stato completato il ciclo di vaccinazione.
In tema di problemi cardiocircolatori, è bene sottolineare come il numero di chiamate di soccorso per problemi al cuore, negli anni 2021 e 2022, sia costantemente superiore a quello del periodo precedente (2017-2019; per quest’anno, i dati si fermano a marzo). Curiosamente, nella popolazione under 30, quella che ha iniziato più tardi a vaccinarsi in massa, l’incremento è scattato ad aprile 2021 e la tendenza si è mantenuta fino al termine delle rilevazioni. Per quanto concerne il 2022, già cinque mesi fa erano stati registrati quasi altrettanti casi che nel 2017.
Di certo una strana coincidenza. Eppure, sono osservazioni coerenti con quelle effettuate in Israele: uno studio uscito su Nature, nei mesi della campagna vaccinale, aveva evidenziato un aumento di oltre il 25% di chiamate d’emergenza per arresti cardiaci, nella fascia d’età 16-40 anni. Un problema simile è emerso in Scozia, dove, stando al database di Public Health Scotland, rispetto alla media storica 2018-2019, nel periodo 2021-2022, si sono moltiplicati le richieste di soccorso e gli interventi d’urgenza per patologie cardiovascolari, miocarditi incluse, nelle persone di età compresa tra 15 e 44 anni. In alcune settimane, si sono raggiunti addirittura picchi del +117%.