Come torneranno a scuola i nostri figli a settembre? L’Iss, il ministero della Salute e quello dell’Istruzione, con il contributo della Conferenza delle Regioni, hanno licenziato le tanto attese indicazioni per il rientro in classe. Le misure si sviluppano su due “livelli”: da un lato, un’adeguata preparazione al rientro in aula; dall’altro, l’attivazione rapida delle misure in caso di bisogno. In sostanza, nel testo si propongono da un lato misure standard di prevenzione per l’inizio dell’anno scolastico, che tengono conto del quadro attuale, e dall’altro, ulteriori interventi da modulare progressivamente in base alla valutazione del rischio e al possibile cambiamento del quadro epidemiologico. Tutto dipenderà dal solito fattore contagi. Un fattore che, come hanno compreso in questi due anni e mezzo, risulta del tutto aleatorio e, soprattutto adesso che il virus è chiaramente endemico, di nessun valore per stabilire la gravità della situazione.
Le regole sono state pubblicate in un documento dal titolo “Indicazioni strategiche ad interim per preparedness e readiness ai fini di mitigazione delle infezioni da Sars-CoV-2 in ambito scolastico (anno scolastico 2022-2023)”. Le 11 pagine esplicative si articolano seguendo due possibili scenari. La tabella 1 si applicherà se la situazione rimarrà relativamente tranquilla, ma non è dato sapere a chi spetterà stabilirlo e con quale criterio saranno fissati i parametri epidemiologici/ospedalieri che la determineranno. In questo caso, gli studenti andranno a scuola senza mascherina obbligatoria, mentre docenti e studenti «a rischio» (stabilito da chi?) – assieme a quelli con sintomi respiratori di lieve entità ed in buone condizioni generali che non presentano febbre – possono accedere a scuola purché con mascherine chirurgiche/FFP2 «fino a risoluzione dei sintomi». Viceversa, gli studenti positivi e con sintomi acuti e/o febbre restano a casa. Anche in situazione epidemiologica non preoccupante, la quarantena sembrerebbe sparita ma l’isolamento no: il tampone di uscita resta.
Le mascherine chirurgiche, o Ffp2, restano, ma vanno modulate nei diversi contesti e fasi della presenza scolastica. Fa la sua apparizione, nel documento programmatico, la richiesta di «etichetta respiratoria». L’Istituto superiore di sanità si premura di precisare che con «corretta etichetta respiratoria» si intendono «specifici comportamenti da mettere in atto per tenere sotto controllo il rischio di trasmissione di microrganismi da persona a persona».
Le condizioni previste nella tabella 2, invece, si applicheranno se la situazione epidemiologica dovesse peggiorare o se dovesse aumentare la pressione sugli ospedali. In questo caso, lo scenario sarà più o meno quello degli ultimi anni: distanziamento, mascherina Ffp2 anche in posizione statica al banco, isolamento, tampone per il rientro in classe, turnazione nelle mense, merenda in aula, ecc. Come se tre anni fossero passati invano: la scienza demanda alla politica, che scarica la responsabilità sui decisori locali, ai presidenti di Regione, ai sindaci, ai presidi e perfino ai singoli insegnanti.
A nulla è valso, infine, il richiamo dei Garanti dell’Infanzia di diverse regioni italiane, che a giugno – in vista della ripresa scolastica – hanno lamentato l’istituzione di restrizioni soltanto nei confronti dei ragazzi che, come dimostrano le metanalisi pubblicate recentemente, contagiano e si contagiano molto meno: le indicazioni ministeriali insistono con l’omologazione delle misure scolastiche rispetto agli altri setting di contagio e si preoccupano di sottolineare che «la scuola si inserisce nel contesto della comunità, per cui le misure, per essere efficaci, devono essere preferibilmente omogenee con quelle previste in ambito comunitario». La scuola, insomma, pur essendo uno degli ultimi luoghi di contagio, continua ad essere trattata come e anche peggio degli altri luoghi pubblici.
Il triste primato che l’Italia si è aggiudicata chiudendo le scuole più di tutti gli altri Paesi europei e imponendo le mascherine a scuola fino a giugno 2022 non è servito, dunque, a cestinare i protocolli precedenti. Quindi, come ben si comprende, ancora una volta l’approccio usato nei riguardi della scuola è sempre lo stesso della prima ora. Ossia quello di doversi confrontare non con un virus che non ha mai costituito un problema per le persone in buona salute, come per l’appunto è la stragrande maggioranza dei ragazzi in età scolastica, bensì con il peggior flagello virale della storia dell’uomo. Una narrazione che, malgrado la schiacciante evidenza empirica abbia già da tempo smontato pezzo per pezzo, continua a condizionare pesantemente la vita dei nostri ragazzi.