– Che bel tipo! È tutta matta.
– Eh, sì. Speriamo non faccia una sciocchezza.
– Che ti importa? Se ne farà una ragione.
– Era così scossa.
– Perché non le hai detto la verità?
– Ti sembrano cose che si possono raccontare?
– È accaduto tanti anni fa.
– L’hai vista, no? È una belva quando si arrabbia.
– Pensi che ti abbia creduto?
– Non credo.
– E allora perché non dirglielo?
– Meglio il dubbio alla verità.
– Mangiamo?
– Mi è passato l’appetito.
– A me no.
– Va bene. Prima devo aggiustarmi i capelli. Guarda come mi ha ridotta. Ci vuole un po’ di fard! Mi rimetto in libertà e preparo.
Helene si rimise in vestaglia e tornò in cucina. Apparecchiò la tavola. Cenarono. Peter l’indomani doveva tornare a Roma e se ne andò subito a letto. La sfiga la perseguitava e non gliene andava bene una. L’ombra di Nihil si stava vendicando, perché si era permessa di usare il suo bagno.
I giornali avevano definito, quella che era appena trascorsa, l’estate di Caronte. Se ne erano viste di cotte e di crude. Anche Adsum aveva sentito il colpo di coda di quel ciclone che dal 15 agosto gli avvelenava la vita. La morte di Nihil aveva fatto di lui un personaggio della cronaca, e tutti sapevano i fatti suoi, che oramai erano stati messi in piazza. Quando alla fine dell’estate era tornato in ufficio, era stato tempestato di domande dai colleghi, che avevano appreso dalla televisione quanto era accaduto. I suoi vicini non facevano altro che spettegolare sulla sua vita privata, e lo guardavano come se fosse un assassino. Per lui che era un introverso quella situazione era insostenibile e non poteva resistere a lungo. La moglie era diventata ancora più intrattabile e non perdeva occasione per accusarlo di avere un’altra vita oltre quella familiare, di non essere un buon padre di famiglia e di averla abbandonata il giorno di Ferragosto con quattro figli per andarsene in giro con una donna qualunque per cacciarsi in un mare di guai. Adsum aveva perso la serenità d’un tempo e non sapeva come fare per ritrovarla. Malediceva il momento in cui si era messo in macchina per andare dal suo collega, ma oramai era inutile piangere sul latte versato. Per uscire da quella situazione aveva meditato anche la possibilità di domandare il trasferimento e di cambiare città. Aveva osato parlare di questa idea all’amabile consorte, ma lei inviperita aveva minacciato il divorzio. Era così disperato che si era sfogato con il dottore Silvestro Sottile, il capo del personale, il quale gli aveva espresso tutta la propria umana comprensione. Per aiutarlo gli aveva affidato il lavoro che prima svolgeva Nihil. – Lavorare di più ti farà bene. Vedrai. Ti passerà tutto! – aveva esclamato uscendo dalla sua stanza sorridendo e continuando a fumare il sigaro. Adsum aveva abbassato la testa e aveva pensato che quella fosse la giusta punizione per essersi fidato di un sogno premonitore. Da quel giorno aveva preso l’abitudine di trattenersi in ufficio fino a tardi. Quella sera però era uscito un po’ prima e per rilassarsi un po’ si era concesso una passeggiata serale nel parco sotto casa. Stava quasi per rientrare quando da lontano scorse la moglie che sbatteva furiosamente la porta del condominio. Ebbe il presentimento che altre sventure stessero per abbattersi su di lui. Mezz’ora dopo ebbe la conferma che non si era sbagliato. Laura lo aspettava in salotto e lo guardava in cagnesco.
– Dove sei stato?
– Ho fatto una passeggiata al parco.
– Come mai hai fatto tardi?
– Ho incontrato un amico e ho fatto quattro chiacchiere.
– Bene.
– Bene.
– Hai sempre la scusa pronta.
Adsum fece un sorriso e si sedette in poltrona. Accese la televisione. Sperava così di rimandare quel dialogo, che si preannunciava poco piacevole, a quando si fosse calmata.
– Macché! Tu cosa hai fatto?
– Una passeggiata anch’io.
– Sei nervosa? Ti hanno fatto arrabbiare a scuola?
– Sono stata a casa di …
Adsum scattò dalla poltrona. Ebbe un colpo al cuore. Non si sarebbe mai aspettato che lei facesse una cosa simile. Pensava che avesse ormai metabolizzato la storia di via Torcicoda ma evidentemente non era così.
– A casa di una tua collega?
– Non fare finta di non capire.
– Avete parlato di scuola?
– A casa di Helene.
– Chi?… E perché? Siete diventate amiche?
– Amiche? Mi prendi in giro?
– Scherzavo. Un po’ di… leggerezza!
Laura guardava il marito dall’alto in basso. Aveva uno sguardo imperturbabile. Era in suo potere e doveva passare all’attacco.
– Non sai perché sono andato da lei?
– Non ne ho idea.
– Non fare il finto tonto.
Laura gli diede un pizzicotto sulla guancia. Strinse così forte da farlo gridare.
– Mi fai male!
… Continua… Vi aspettiamo alla prossima puntata!