Nell’Unione europea delle diseguaglianze e delle ingiustizie succede che nemmeno gli effetti della crisi energetica saranno uguali per tutti, anzi. Mentre gli italiani si preparano a vivere mesi difficilissimi, segnati dal razionamento dei consumi e da bollette più alte che mai, in Europa c’è chi si è mosso in autonomia. Al di là della sonora bocciatura di Ursula von der Leyen dell’idea italiana di un tetto al prezzo del gas con un meccanismo di rimborso delle differenze, che segna uno stacco netto tra Commissione e Stati membri, è interessante rilevare che ancora una volta l’Unione europea si è dimostrata poco unita.
L’Ungheria ha da poche settimane rinegoziato con Gazprom un accordo per ricevere gas, poiché dal primo ottobre non avrebbe avuto più disponibilità di materia prima. La Bulgaria sta trattando con Lukoil per garantirsi carburanti quando l’embargo sul petrolio russo inizierà il 5 dicembre. Inoltre, dopo aver subito l’interruzione delle forniture, il presidente bulgaro ad interim, Rumen Radev, ha detto che una trattativa con Gazprom è un’opzione aperta per rifornire il Paese di gas. Soprattutto dopo che il contratto firmato negli Stati Uniti in primavera dal suo predecessore, Kiril Petkov, ha portato due metaniere cariche di Lng americano a un prezzo che si è scoperto altissimo.
La Francia è relativamente poco interessata al gas, tanto da frenare sull’idea di un gasdotto che porti il gas dalla Spagna alla Germania, ma il suo sistema elettrico è in grave crisi. Con più di metà del parco di centrali elettriche nucleari fuori servizio, Emmanuel Macron ha deciso di nazionalizzare di nuovo Edf, ha rilanciato gli investimenti sul nucleare e ha messo un tetto alle bollette dei cittadini. Cosa che sta provocando un’alterazione dei flussi di energia elettrica verso la Francia, tenendo alti i prezzi negli altri Paesi. Trasformazione cui contribuisce anche la Spagna, che assieme al Portogallo ha introdotto autonomamente e senza troppi riguardi per Bruxelles un tetto al costo del gas per i produttori termoelettrici. Questo dispositivo, che sta effettivamente abbassando di più del 10% il prezzo elettrico spot spagnolo, è stato possibile dato il sostanziale isolamento elettrico della penisola iberica dal resto del continente.
La Germania è andata a caccia di Lng in giro per il mondo e si è aggiudicata una merce rarissima, ben cinque navi Fsru, ovvero rigassificatori galleggianti (l’Italia ne ha acquistate tre). Ha salvato con denaro pubblico un paio di grosse utility e, nonostante aderisce agli obblighi dell’alleanza atlantica, non ha mai tagliato quel filo diretto con Mosca. Secondo i dati diffusi dall’agenzia statistica Destatis la Germania, prima cliente di Gazprom, potrebbe ritrovarsi a fare sacrifici molto meno pesanti di quelli che attendono, invece, altri Paesi. Come spiegato dal Corriere della Sera in questi mesi di emergenza sui prezzi, la Germania sta pagando il gas russo molto meno del resto d’Europa. A giugno scorso, per esempio, le forniture tedesche da parte di Gazprom avevano un costo unitario pari a poco più di un terzo di quello sostenuto, per lo stesso periodo, sia dal resto dei Paesi Ue che dall’Italia. Dando un’occhiata a questa forbice, ecco venire a galla un’altra verità: Berlino sembra avere accordi di lungo termine con Mosca diversi, e più stabili, rispetto agli altri Stati. Germania e Francia hanno poi siglato un accordo di mutuo soccorso energetico, che dovrebbe garantire gas alla prima ed energia elettrica alla seconda. L’Olanda si è opposta a qualunque riforma delle regole dei vari mercati diminuendo addirittura la produzione di gas.
Un po’ tutti i Paesi dell’Unione, insomma, si sono mossi autonomamente, spesso addirittura in concorrenza. E l’Italia? Sin qui ha fatto i compiti a casa, eseguendo quanto era stato deciso a Bruxelles. Ma Roma ha perso mesi preziosi attendendo che sui prezzi del gas l’Unione europea trovasse una soluzione che in realtà non vuole o non può trovare. E intanto ci aspettano mesi duri con nuove restrizioni, questa volta energetiche, all’orizzonte.