Da lunedì sono disponibili i vaccini aggiornati contro Omicron 1. Ma non hanno fatto in tempo ad aprirsi le prenotazioni per le iniezioni con il bivalente, che da Ema ed Ecdc hanno già ammesso che «ulteriori adattamenti della composizione dei vaccini Covid sono inevitabili per affrontare le varianti circolanti esistenti e future». E l’Ema ha già approvato un nuovo vaccino di Pfizer, stavolta tarato specificamente sui ceppi Ba.4 e Ba.5, responsabili dell’ondata estiva di Covid. Si tratterebbe dunque di un ulteriore aggiornamento dei vaccini aggiornati, i quali risultano essere superati ancor prima di essere messi in somministrazione.
Ovviamente le autorità Ue garantiscono che «la risposta immunitaria» dei medicinali adattati per Ba.1 (il primo aggiornamento), «va oltre i ceppi selezionati e copre altre sottovarianti di Omicron», come Ba.2, Ba.5 e Centaurus. Al contrario la Fda, l’ente regolatore americano, poco tempo fa aveva adottato una strategia molto diversa, bocciando il primo aggiornamento e autorizzando all’uso in via emergenziale direttamente i farmaci progettati per Omicron 4 e 5. Su questi ultimi però si è molto discusso per via della mancata adozione del classico iter di test sugli esseri umani. I nuovi bivalenti, infatti, sono stati provati soltanto sui topi da laboratorio.
In definitiva, per tutti i vaccini modificati vale quello che, a inizio estate, aveva dichiarato una rappresentante della Pfizer, interrogata proprio nell’ambito un panel della Fda: è impossibile stabilire un correlato di protezione. Tradotto significa che nonostante i trial dimostrino un innalzamento del livello di anticorpi negli inoculati, non è noto oltre quale soglia si sviluppi una sicura immunità al coronavirus.
Il caos italiano avallato e autorizzato da Speranza riguarda proprio il nodo degli “aggiornamenti”. Entro settembre, infatti, arriveranno 19 milioni di dosi e si è deciso, come da circolare governativa, di garantire in via prioritaria le punture contro Omicron 1 ad alcune fasce di popolazione: over 60, fragili, personale sanitario e delle Rsa, donne incinte. I nuovi bivalenti verranno, comunque, offerti come booster a tutti coloro i quali abbiano compiuto almeno 12 anni. Se non fosse che l’adesione alla campagna di somministrazioni sarà volontaria e, salvo per medici e infermieri, affrancata dall’obbligo o dal ricatto del green pass, si tratterebbe di un’indicazione completamente priva di basi scientifiche.
Per comprenderlo, basta aprire i bollettini dell’Iss. Sotto i 40 anni, il fiasco dei richiami è già patente: i tridosati s’infettano appena meno dei non vaccinati e più di quelli che hanno ricevuto solo due iniezioni. Quanto alla protezione dalla malattia grave, il vantaggio rispetto ai non vaccinati, in quella fascia anagrafica, è identico: sia che abbiano completato il ciclo primario da oltre quattro mesi, sia che l’abbiano portato a termine da meno di 120 giorni, sia che abbiano ricevuto il booster.
Non è chiaro quale sia il beneficio di ulteriori inoculazioni, per di più con medicinali già vecchi. La valutazione di rischi e benefici del vaccino non è stata effettuata neppure quando, nel nostro Paese, la carta verde aveva di fatto introdotto l’iniezione coatta. Figuriamoci se si metteranno a farla adesso che, formalmente, nessuno dovrebbe porgere il braccio in maniera spontanea. Rimarrà, nei prossimi giorni, una vigile attesa sui numeri delle prenotazioni. Bisogna capire, in effetti, se al fiasco delle quarte dosi, ricevute da poco più di 3 milioni di persone, a fronte di circa 12 milioni di soggetti fragili, abbia contribuito l’attesa del siero salvifico contro Omicron, o se la gente si sia veramente scocciata di farsi vaccinare continuamente.