Il tema dell’obbligo vaccinale ha infiammato per mesi il dibattito pubblico. Ora non se ne parla più, ma resta in vigore, almeno fino al 31 dicembre, per gli operatori sanitari. Intanto è in atto una silenziosa sostituzione: i sanitari italiani inadempienti all’obbligo vaccinale vengono sostituiti con del personale straniero. Ancor più paradossale è il fatto che i suddetti sanitari magari sono ugualmente non in regola con le dosi, o magari sono stati sottoposti ad iniezioni con farmaci mai autorizzati nell’Ue, tipo il cinese Sinovac. Ebbene, dopo medici cubani in Calabria, quelli argentini in Sicilia, gli infermieri dei Balcani in Veneto, ora l’ultimo esempio arriva dal Trentino.
Nella seduta del 6 settembre scorso, l’Ordine degli infermieri ha disposto la sospensione di 125 professionisti. Nei giorni seguenti sono stati revocati una trentina di provvedimenti, dunque i sospesi al momento rimangono circa un centinaio. E non si tratta soltanto di convinti “no vax”, perché sotto la falce dell’Ordine sono finiti anche infermieri che non hanno ancora ricevuto il richiamo, o che sono guariti più di sei mesi fa e, nel frattempo, hanno rifiutato di correre all’hub. La scienza ha dimostrato che la vaccinazione non impedisce il contagio e, dunque, il proposito della precauzione decade. Anzi, i dati dimostrano che gli inoculati a vario titolo si contagiano come o più di chi non si è sottoposto alla vaccinazione. Molti studi concordano nel considerare più stabile e duratura l’immunità naturale.
Ma la logica della vaccinazione a tutti i costi non ha fatto altro che aggravare una piaga permanente del sistema sanitario: la carenza di personale. Come si può porre rimedio a questo folle cortocircuito? Secondo le autorità sanitarie basta reclutare gente dall’estero. Nel caso del Trentino, le Rsa hanno pensato bene di rivolgersi a Paraguay, Ucraina, Albania. Paesi nei quali la copertura vaccinale non è proprio estesa. Sull’altra sponda dell’Adriatico, infatti, quelli che hanno completato il ciclo primario compongono circa il 44% della popolazione; nel Paese sudamericano, il 52%; in Ucraina, soltanto il 35%.
Non è la prima volta che in Italia, alla faccia della cronica penuria di medici e paramedici, si applica alla lettera la norma sull’obbligo vaccinale, sopperendo alle ulteriori carenze con personale proveniente dall’estero. A luglio, la Regione Lombardia aveva pubblicato un bando (in scadenza a novembre) per infermieri ucraini. Trenta euro lordi l’ora, per massimo 34 ore settimanali: 1.020 euro ogni sette giorni, fino a marzo. Ma oltre il danno arriva anche la beffa nei confronti degli italiani privati del lavoro, dello stipendio e della dignità, visto che tra i requisiti per l’assunzione non figurava la vaccinazione aant-Covid. A fine agosto, uno scenario simile si verifica in Calabria: per «garantire il diritto alle cure ai cittadini», come aveva spiegato il governatore, Roberto Occhiuto, la Regione aveva incredibilmente arruolato 500 medici da Cuba. I costi per la collettività? 3.500 euro lordi al mese ciascuno, più 1.200 euro per le spese vive, da aggiungere a quelle per i due viaggi l’anno da e per l’isola caraibica. A cui si devono anche sommare i costi dei corsi di formazione da svolgere qui da noi. Ecco allora che arriva la volta della Sicilia: per far fronte alle falle nell’ospedale di Mussomeli (Caltanissetta), sono stati ingaggiati medici dall’Argentina.
Stranamente, la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), mentre lamenta che mancano «oltre 65.000» camici verdi, con gravi ripercussioni soprattutto sulle residenze per anziani, non s’avvede della contraddizione: si mandano a casa operatori esperti, poiché non allineati ai diktat ministeriali, per pescare sostituti stranieri. Una volta preso atto che i preparati a mRna non sono sufficienti ad arrestare la trasmissione del Sars-Cov-2, sarebbe bastato raccomandarli a dottori e infermieri, al semplice scopo di proteggere sé stessi dalle conseguenze gravi di una malattia cui, per ovvi motivi, essi sono più esposti di altre categorie professionali. Invece, persino nella fase in cui è stata cancellata la maggior parte delle altre restrizioni, il governo continua ad accanirsi ancora una volta su una sanità al collasso.