Più che una nuova ondata del coronavirus, con Omicron 5 che galoppa ma porta a forme meno gravi di malattia, spaventa la riorganizzazione degli ospedali già messi in crisi dal personale contagiato. E quello che si vuole evitare è la riapertura di reparti Covid. Di qui la ricetta suggerita da Chiara Gibertoni, direttrice generale del Sant’Orsola di Bologna: stop ai tamponi per chi arriva in ospedale senza sintomi, basta coi reparti Covid e avanti con l’assistenza domiciliare ai contagiati.
Si dovrebbe garantire maggiore flessibilità agli ospedali cambiando le regole e l’approccio in questa fase di gestione della pandemia. Come? «Non bisognerebbe più fare i tamponi a chi non ha sintomi respiratori — spiega la direttrice del Sant’Orsola — e puntare molto sulle Usca»- Partiamo dai numeri: poco più di 4mila nuovi positivi in Emilia-Romagna, di cui 704 a Bologna. Crescono i ricoveri nei reparti Covid (sono 1.130 i pazienti, +67 da domenica), stabili quelli nelle terapie intensive (+1, 28). È necessario capire la tenuta del sistema perché ogni letto messo a disposizione di un paziente Covid ne sottrae uno in altri reparti, e ad altri pazienti.
Ed ecco da dove arriva la proposta di Gibertoni. «Il paziente che arriva in Pronto soccorso viene comunque tamponato — sottolinea — e poi permane il tamponamento di persone ricoverate per altre patologie. Questo genera ulteriori positivi, spesso asintomatici, che a quel punto vanno però gestiti con dinamiche di isolamento che creano un assetto organizzativo più vincolato e che erode quella flessibilità che in questo periodo dell’anno serve». In questo momento, tra l’altro, c’è anche una «quota di pazienti a bassa intensità con un quadro simil-influenzale ma essendo anziani e con altre patologie, dobbiamo comunque ricoverarli in letti per acuti anche sovradimensionando l’assistenza». Dunque «non bisognerebbe più fare i tamponi a chi non ha sintomi respiratori e puntare molto sulle Usca. Quella che si sta facendo è una scelta illuminata e serve a gestire il più possibile sul territorio quei casi per cui l’antivirale può essere utile». Sono quasi 8.000 le persone a domicilio con sintomi non gravi seguite dalle Usca.
A tutto questo si aggiunge la positività dei sanitari, costretti a stare a casa fino al tampone negativo. «Abbiamo circa un migliaio di operatori sanitari oggi a casa col Covid», assicura l’assessore regionale alla Salute Raffaele Donini, «per fortuna nella stragrande maggioranza dei casi non ha condizioni cliniche così gravi, è costretto a stare a casa. Discuteremo in commissione Salute per capire dal governo e dalla comunità scientifica quali possano essere le azioni da mettere in campo in questa fase, sia per quello che riguarda il periodo di isolamento, sia per quanto riguarda la quarta dose o le prospettive future per la vaccinazione».
Anche il Friuli Venezia Giulia valuta se cambiare le regole. Basta con i reparti Covid intasati soprattutto da pazienti che non hanno alcun sintomo della malattia ma solo un tampone positivo. La Regione sta valutando la richiesta unitaria delle tre Aziende sanitarie regionali: basta tamponi a tutti, indaghiamo sui sintomatici e proteggiamo i più fragili. E soprattutto basta ai bollettini quotidiani che includono anche chi non ha assolutamente nulla o che al massimo ha sintomi simil-influenzali. In caso contrario, si blocca di nuovo tutto perché i semplici positivi sono costretti all’isolamento.