«Abbiamo pilotato l’aereo mentre lo stavamo ancora costruendo». Se non fosse ancora sufficientemente palese l’incertezza che ha portato all’approvazione dei vaccini anti-Covid, un punto chiarificatore arriva dall’intervista, pubblicata sulla rivista scientifica Nature, a Kathrin Jansen, capo della ricerca e sviluppo sui vaccini di Pfizer, recentemente andata in pensione.
Kathrin Jansen, microbiologa, ha studiato in Germania e negli Stati Uniti. In 30 anni di carriera si è occupata principalmente di vaccini, quando lavorava alla Merck ha contribuito alla realizzazione del vaccino Gardasil contro il papillomavirus, finito nel mirino della trasmissione d’inchiesta Report a causa dei gravi effetti avversi insorti dopo la somministrazione in alcune giovani donne. Negli ultimi anni ha lavorato alla Pfizer dove si è occupata della biotecnologia dell’mRna.
Quando nel 2020 è iniziata l’emergenza Covid, Pfizer stava già collaborando con BioNTech su vaccini a base di mRNA per l’influenza. In seguito al dilagare del virus i due partner hanno deciso di utilizzare questa piattaforma sperimentale per ridurre i tempi di sviluppo del vaccino da dieci anni a soli nove mesi. Nel dicembre 2020, Comirnaty (il vaccino prodotto da Pfizer-BioNTech) è stato il primo vaccino contro la Sars-CoV-2 ad ottenere l’autorizzazione nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in altri Paesi. E’ bene ricordare che si tratta di una CMA, ovvero una Conditional Marketing Authorization, dunque un’autorizzazione provvisoria e di stampo emergenziale emanata in seguito al soddisfacimento di precisi parametri ed imposizioni. O almeno così avrebbe dovuto essere.
Sul come abbiano fatto Pfizer-BioNTech a sviluppare così rapidamente un vaccino per la Sars-CoV-2, la ricercatrice spiega: «Nel corso degli anni abbiamo costruito una solida infrastruttura, in particolare attraverso i programmi di vaccino coniugato contro lo pneumococco. Ma il Covid ha cambiato tutto in termini di approccio al concetto di ricerca e sviluppo di un vaccino end-to-end, grazie all’enorme urgenza».
Nelle parole della ricercatrice emerge quanto la campagna vaccinale sia stata, alla fine, una scommessa: «Quando nel marzo 2020 il nostro CEO ha detto: “Fallo entro la fine dell’anno”, mi sono detto: “È una follia!“. Ma i soldi non erano un problema, e poi si possono fare cose incredibili in un tempo incredibile. Siamo stati creativi: non potevamo aspettare i dati, dovevamo fare molto “a rischio”».
Insomma la fretta e l’urgenza secondo la microbiologa di Pfizer hanno stravolto quello che è il normale iter per la messa a punto di un farmaco con una biotecnologia nuova. «Tutta la burocrazia è scomparsa. Abbiamo fatto le cose in parallelo, guardando i dati e facendo la produzione. Di solito, la produzione viene coinvolta solo dopo anni di programma. Ricordo le telefonate con i miei colleghi produttori: “Abbiamo quattro diversi costrutti, preparateli tutti e quattro”. Poi abbiamo ristretto il campo. Abbiamo buttato via molte cose che non funzionavano, ma avevamo sempre altre cose già in scala da portare avanti. Alla Jansen probabilmente sfugge che tutta quella burocrazia che lei è stata ben felice di evitare, serviva appunto per tutelare le persone che avrebbero dovuto ricevere le dosi salvavita. «Abbiamo fatto volare l’aereo mentre lo stavamo ancora costruendo», conclude la ricercatrice. Peccato che i “passeggeri” non fossero stati minimamente avvisati del pericolo di un aereo non collaudato.