Insufficienza delle risorse disponibili, caro prezzi e aumento dei consumi energetici, cronica carenza di personale con una preoccupante crisi delle vocazioni sanitarie in settori cruciali come quello dei Pronto soccorso. Dopo essere stata sotto i riflettori per il Covid la Sanità torna a essere la Cenerentola di sempre anche nei finanziamenti e così le Regioni scrivono al Governo: «La Sanità è vicina al collasso, serve un intervento straordinario e strategico».
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È un grido d’allarme quello lanciato da Raffaele Donini, assessore alla sanità dell’Emilia-Romagna e coordinatore della commissione salute delle Regioni, in una lettera al ministro della Sanità Orazio Schillaci e a quello dell’economia Giancarlo Giorgetti. «È necessario e indifferibile programmare rapidamente un intervento straordinario e strategico, non di natura meramente emergenziale, in grado di proporre delle soluzioni, prontamente attuabili ed idonee ad affrontare nell’immediato la carenza di personale sanitario e la crisi finanziaria di cui, da ormai tre anni versano i Sistemi Sanitari Regionali».
L’ultimo report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha evidenziato la situazione d’emergenza in molti Stati europei e ha sottolineato l’esigenza di riforme strutturali. Nei paesi più grandi dell’Europa occidentale (Regno Unito, Francia, Germania e Spagna), il sistema sanitario è al centro di polemiche, scioperi, annunci di riforme radicali. Alcuni dei problemi sono comuni, così come le cause: la gestione della pandemia da coronavirus e della successiva campagna vaccinale ha bloccato o ritardato procedure, diagnosi e interventi non d’emergenza, creando o aumentando le liste d’attesa. I tre anni di costante emergenza hanno messo a dura prova medici e infermieri costringendoli a turni sfiancanti, portandoli in una potenziale situazione di “burnout” (la sindrome da stress lavorativo) e aumentando notevolmente le dimissioni volontarie e le richieste di pensione anticipata.
A questi nuovi fattori si aggiungono problemi più strutturali ma comunque comuni, come il progressivo invecchiamento della popolazione, l’aumento dei malati cronici e dei cittadini obesi (un problema di entità minore in Italia rispetto alla media europea). Secondo i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD), nel Regno Unito, in Francia e in Italia fra il 2009 e il 2019 in risposta alla crisi economica è inoltre diminuita la spesa pubblica per la Sanità in rapporto al PIL (prodotto interno lordo). Germania e Spagna nello stesso periodo l’hanno invece mantenuta costante. Sempre secondo l’OECD il numero di medici e infermieri nei paesi dell’Unione Europea è maggiore rispetto a dieci anni fa, sia in termini assoluti che in rapporto alla popolazione: l’aumento però non è stato in grado di tenere il passo della crescita della domanda e il reclutamento di nuovi medici e infermieri risulta essere un altro problema comune.
In particolare difficoltà sembra il sistema sanitario del Regno Unito, per cui alcuni giornali hanno parlato apertamente di “collasso”: il periodo natalizio ha visto una pausa negli scioperi, che prima avevano interessato infermieri, paramedici e personale in servizio sulle ambulanze, ma nuove astensioni dal lavoro sono previste per il 18-19 gennaio (altre quattro sono in programma più avanti). I dipendenti del settore pubblico protestano per le condizioni di lavoro, per le retribuzioni e per l’eccessiva pressione sugli ospedali. Al momento attuale sono più di 7 milioni i britannici in lista d’attesa per un intervento o una visita medica, mentre oltre il 30% dei pazienti aspetta più di sei mesi per un esame standard, come una gastroscopia o una risonanza magnetica.
La Germania spende per la sanità più che ogni altro paese in Europa, ma ciò non ha evitato una crisi del settore ospedaliero in questi mesi. Negli ospedali mancano 23.000 fra medici e infermieri, dopo qualche anno di ingressi limitati e dimissioni di massa post-pandemia. Il ministro della Sanità Karl Lauterbach ha annunciato un piano di riforma del settore ospedaliero definito «rivoluzionario», che dovrebbe creare tre diversi tipi di presidi ospedalieri ed eliminarne molti in piccoli centri, in modo da razionalizzare l’offerta.
Anche la Francia ha annunciato di voler riformare in modo profondo il settore sanitario, sia a livello ospedaliero che di medici di base, ma non ha ancora spiegato nel dettaglio come intenda farlo. In Francia il numero dei medici è attualmente inferiore a quello del 2012 e il 30% della popolazione non ha un adeguato accesso a servizi medici. Questi non sono distribuiti in modo omogeneo sul territorio: sono molto più rari nella Francia rurale e nei quartieri più popolosi e poveri, con forte presenza di immigrati di prima e seconda generazione. Benché spenda più del 12 % del Pil nel sistema sanitario (uno dei dati più alti d’Europa), «l’87 per cento del paese può essere definito un deserto medico», cioè una zona non raggiunta da servizi di base, secondo le parole della vice ministra della Sanità Agnès Firmin Le Bodo.
In Spagna sono stati annunciati scioperi del personale sanitario. Il problema principale è quello delle basse retribuzioni e dei diversi trattamenti fra regione e regione, che portano a una controproducente competizione sul mercato interno del lavoro. Per medici e infermieri comunque risulta spesso più remunerativo lavorare all’estero, il che aumenta le carenze nel personale. Oltre 700.000 persone sono in lista d’attesa per un intervento chirurgico nel paese, dove la competenza sulla sanità è delle Comunità autonome.