Ci sono voluti tre anni e la consulenza dello scienziato, poi diventato senatore del Pd, Andrea Crisanti. La Procura di Bergamo chiude l’indagine sulla gestione del Covid nei primi mesi della pandemia nella provincia più colpita.
Una ventina gli indagati, ma più che i numeri contano i nomi: l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il riconfermato presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e l’ex assessore al Welfare Giulio Gallera, ma anche il presidente dell’Istituto Superiore della Sanità Silvio Brusaferro, l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrellli, il presidente dell’Istituto Superiore della Sanità Franco Locatelli e Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico nella prima fase dell’emergenza.
La Guardia di finanza ha avviato le notifiche per i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo e rifiuto di atti di ufficio. Per l’ex premier Conte e l’ex ministro Speranza si prepara la trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri.
Al di là del numero degli indagati, di cui ora sono noti solo alcuni nomi, e dell’eventuale invio di alcuni filoni ad altre Procure, gli accertamenti, che si sono avvalsi di una maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova e ora senatore del Pd, hanno riguardato tre livelli: uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale. Nel mirino degli inquirenti e degli investigatori della Guardia di Finanza sono finiti non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell’ospedale di Alzano, chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano. Nel mirino anche i mancati aggiornamenti del piano pandemico, fermo al 2006, e l’applicazione di quello esistente anche se datato che comunque, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la trasmissione del Covid.
«La conclusione delle indagini, com’è noto, non è un atto d’accusa», fa sapere la procura di Bergamo in una nota. «L’ attività svolta – sottolineano i magistrati – è stata oltremodo complessa sotto molteplici aspetti e ha comportato altresì valutazioni delicate in tema di configurabilità dei reati ipotizzati, di competenza territoriiale, di sussistenza del nesso di causalità ai fini dell’attribuzione delle singole responsabilità e ha consentito di ricostruire i fatti così come si sono svolti a partire dal 5 gennaio 2020».