Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso del Comitato Cura Domiciliare, disponendo l’annullamento di una circolare del ministero della Salute «nella parte in cui, anziché dare indicazioni valide sulle terapie da adottare a domicilio, prevedono un lungo elenco di terapie da non adottare, divieto che non corrisponde all’esperienza diretta maturata dai ricorrenti». La circolare in questione, aggiornata al 26 aprile 2021, riguarda la gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-CoV-2, il coronavirus responsabile del Covid, e prevede una «vigilante attesa» nei primi giorni di insorgenza della malattia, ponendo indicazioni di non utilizzo di alcuni farmaci e suggerendo invece la somministrazione di fans (farmaci antinfiammatori non steroidei: i più comuni sono l’acido acetilsalicilico, l’ibuprofene, il naprossene, il ketoprofene, il diclofenac) e paracetamolo.
Secondo il tribunale amministrativo, quella circolare «si pone in contrasto con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professionale imponendo, anzi impedendo, l’utilizzo di terapie eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia Covid-19 come avviene per ogni attività terapeutica». In pratica, il Tar “libera” i medici dalle stringenti linee guida del ministro della Salute, Roberto Speranza, e dà loro facoltà di curare i pazienti nel modo in cui ritengono più opportuno.
Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, commentando la decisione del tribunale, torna a chiedere le dimissioni del ministro Speranza. «Dopo due anni di fallimenti conclamati la sentenza del Tar del Lazio mette una pietra tombale sull’operato del ministro Speranza, che ha la grande responsabilità di non aver mai voluto ascoltare le numerosissime esperienze cliniche portate dai medici di base. È chiaro che Speranza non può rimanere un minuto di più, Mario Draghi e le forze di maggioranza prendano atto del fallimento».
È chiaro che Speranza non può rimanere un minuto di più, Mario Draghi e le forze di maggioranza prendano atto del fallimento. pic.twitter.com/aCkoWbOKUn
— Giorgia Meloni 🇮🇹 ن (@GiorgiaMeloni) January 15, 2022
Un approccio diverso alle cure domiciliari non avrebbe certo fermato le successive ondate, ma è forse avrebbe aiutato ad attutire il colpo? È quello che si chiedono in tanti. Allo stesso modo una tempestiva chiusura della Val Seriana avrebbe potuto riscrivere quella prima fase dell’emergenza in quella zona. «Sono emerse delle criticità per quello che riguarda l’applicazione del piano pandemico nazionale e ne sono emerse anche per quello che concerne il ritardo della zona rossa», ha spiegato il professor Andrea Crisanti, nominato dai pm di Bergamo che indagano per epidemia colposa. La tempestiva applicazione della misura restrittiva nell’area poteva salvare delle vite. Quante il professor Crisanti non lo dice, perché è un «dato che va contestualizzato». Ma con il metodo relativo all’ipotetica progressione del virus realizzato da Stefano Merler si è ipotizzato un range tra le 2mila e 4mila vittime che si sarebbero potute evitare se il governo, più volte sollecitato in tal senso dalla Regione Lombardia, fosse intervenuto in maniera tempestiva.