Si fa presto adesso a dare tutta la colpa a Francesco Lollobrigida, come se le sue parole sulla “sostituzione etnica” fossero uscite quasi per caso. Il concetto espresso dal ministro dell’Agricoltura al congresso della Cisal è invece uno storico cavallo di battaglia del centrodestra. Già nel febbraio 2015 Matteo Salvini parla di una «sostituzione» che sarebbe stata «coordinata dall’Europa» «attraverso i migranti». Salvini avrebbe difeso i «padani discriminati, vittime di pulizia etnica, di sostituzione di popoli». Nell’ottobre 2016 è stato il turno di Giorgia Meloni. Allora accusò un governo Renzi-Alfano di «prove generali di sostituzione etnica in Italia».
Per spiegare cosa sia la sostituzione etnica basta entrare sul sito della presidenza del Consiglio dei ministri, nella sezione «pregiudizi antisemiti» si cita una variante della «sostituzione etnica», il cosiddetto «Piano Kalergi» secondo il quale esisterebbe «un piano d’incentivazione dell’immigrazione africana e asiatica verso l’Europa al fine di rimpiazzarne le popolazioni. La teoria trova credito soprattutto in ambienti di estrema destra (nazionalisti, sovranisti e separatisti)». Proprio quelli che oggi sono al governo. È a questi discorsi che ha fatto riferimento Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, parlando a Roma al congresso del sindacato Confederazione italiana sindacati autonomi lavoratori, in un passaggio in cui si riferiva alla necessità di aumentare le risorse al welfare delle famiglie per consentire loro di fare più figli: «Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli e li sostituiamo con qualcun altro».
La teoria della sostituzione etnica, detta anche «grande sostituzione», ha origini piuttosto incerte, e ha iniziato a diffondersi soprattutto negli ultimi dieci anni negli ambienti di estrema destra di Stati Uniti ed Europa. Fa leva su un grande complotto contro la popolazione bianca e a favore dei migranti stranieri, è diventata uno strumento retorico efficace per i politici di estrema destra di molte società perché, in estrema sintesi, fa leva sul timore della classe bianca e medio-bassa di perdere i propri privilegi nei confronti dei migranti stranieri che arrivano in Occidente.
In varie forme è stata citata da numerosi politici di estrema destra, dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump al primo ministro ungherese Viktor Orbán all’ex candidato presidenziale francese Éric Zemmour. In Italia il leader della Lega e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha più volte parlato di «sostituzione etnica» e di «genocidio del popolo italiano», e lo stesso ha fatto in più di un’occasione Giorgia Meloni. Parallelamente, e in maniera più preoccupante, la teoria della sostituzione etnica è stata citata esplicitamente come fonte di ispirazione da diversi autori di attentati e attacchi armati di matrice razzista avvenuti negli ultimi anni: tra questi, e sono soltanto alcuni esempi, c’era stato il responsabile della strage a Oslo e Utøya in Norvegia del 2011, che uccise 77 persone; quello dell’attentato alla sinagoga di Pittsburgh negli Stati Uniti del 2018, in cui furono uccise 11 persone; quello dell’attentato di Christchurch in Nuova Zelanda del 2019, in cui morirono 49 persone, e quello dell’attentato a Buffalo negli Stati Uniti del maggio 2022, in cui i morti furono 10.
Uno dei primi scritti in cui si fa riferimento alla teoria della “sostituzione etnica” o fu realizzato da Theodore Bilbo, senatore Democratico degli Stati Uniti oltre che governatore dello stato del Missouri nei primi anni del Novecento. Nel libro, intitolato “Scegliete: Separati o bastardi”, Bilbo sosteneva la superiorità della «razza bianca caucasica», che reputava in pericolo a causa degli «incroci» con altre «razze». Per Bilbo la «razza bianca» avrebbe finito per scomparire ed essere «sostituita» col tempo, se non si fosse fermato il processo di integrazione degli immigrati. Studiosi e intellettuali di estrema destra, che ne trassero ispirazione per sistematizzare la teoria della “grande sostituzione”.
Il più importante fu l’accademico francese Renaud Camus, con un libro del 2011 intitolato “Le grand remplacement: Introduction au remplacisme global” (La grande sostituzione: introduzione al rimpiazzo globale), che diede per primo il nome alla teoria complottista come oggi è conosciuta. Camus nel libro parla prettamente della situazione della Francia, paese con un lunghissimo passato coloniale, dove secondo lui la popolazione “indigena” francese sarebbe ormai stata sostituita dalle persone immigrate dalle ex colonie: Camus parla degli immigrati come “colonizzatori”, e paragona il mescolamento di etnie e culture avvenuto in Francia al genocidio degli ebrei compiuto dai nazisti.
Le tesi di Camus non hanno nessuna base scientifica, ma nel corso degli ultimi anni hanno avuto parecchio successo, tanto che il termine “sostituzione” per parlare dei fenomeni migratori è entrato nel lessico comune di molti politici di estrema destra. Oltre che alle migrazioni, i sostenitori della teoria della “sostituzione etnica” si oppongono anche all’omosessualità e all’aborto, perché ritengono che impediscano nuove nascite e possano portare a una futura estinzione della “razza bianca”.
La teoria della “sostituzione etnica” è in qualche modo simile a un’altra, molto diffusa negli ultimi anni in Europa, quella del cosiddetto “Piano Kalergi”, inventata dal neonazista e negazionista austriaco Gerd Honsik, che ne fece menzione in un libro del 2005. Secondo questa tesi, l’arrivo di centinaia di migliaia di persone in Europa sarebbe parte di un piano segreto architettato dalle élite politiche ed economiche occidentali per importare milioni di potenziali lavoratori a basso costo, mischiarli con le “razze europee” e creare così un meticciato debole e facilmente manipolabile. Il nome deriva da un eccentrico filosofo aristocratico austro-giapponese del primo Novecento, Richard Nikolaus Eijiro, conte di Coudenhove-Kalergi, che negli anni Venti pubblicò un “Manifesto Pan-Europeo” in cui proponeva la creazione degli Stati Uniti d’Europa, un superstato dove le differenze tra i singoli popoli europei sarebbero state messe da parte in nome della reciproca collaborazione.