C’è persino una impiegata presso gli uffici amministrativi dell’ospedale di Alzano Lombardo, cioè una persona viva e vegeta, nell’elenco delle vittime per Covid-19 conteggiate dalla procura di Bergamo sulla base della “super consulenza” redatta da Andrea Crisanti. Basterebbe questo per capire quanto l’inchiesta sulla gestione della prima ondata di Covid in Val Seriana sia stata strampalata. Ma in realtà c’è molto altro. «Ipotesi sfornita del ben che minimo riscontro», «congettura priva di basi scientifiche», «mancanza di nessi causali»: sono alcune delle espressioni usate dal tribunale dei ministri di Brescia per bocciare lo studio di Crisanti.
Come era abbastanza scontato, visto che già in precedenza il Tribunale dei Ministri di Brescia aveva archiviato le accuse per l’ex premier Giuseppe Conte e per l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, gli stessi giudici bresciani con un provvedimento di 34 pagine hanno disposto l’archiviazione dei reati contestati al governatore lombardo Attilio Fontana nel procedimento sulla gestione della prima ondata di Covid in Val Seriana. Insieme a Fontana sono state archiviate le posizioni di altri 12 indagati, tra cui l’ex assessore al Welfare, Giulio Gallera, l’ex capo del Dipartimento della Protezione civile, Angelo Borrelli, una serie di tecnici del Cts, tra cui Agostino Miozzo, Silvio Brusaferro e Claudio D’Amario. Tutti accusati di epidemia e omicidio colposo nella famosa inchiesta promossa dai pm di Bergamo.
Ma nella stessa sentenza i giudici infliggono un duro colpo alla reputazione scientifica di Andrea Crisanti, attuale senatore del Partito democratico e, durante tutta la pandemia di terrore, uno dei virologi più allarmisti presenti nel circo mediatico. Autore di una inverosimile consulenza per i pm di Bergamo, Crisanti stimò in 4.148 in morti in eccesso causati dalla non tempestiva attivazione della zona rossa in Val Seriana, con una probabilità del 95%.
«Il Prof. Crisanti ha compiuto uno studio teorico ma non è stato in grado di rispondere circa il nesso di causa tra la mancata attivazione della zona rossa e la morte di persone determinate. La contestazione dell’omicidio colposo in relazione alla morte delle persone indicate in imputazione si basa quindi su una mera ipotesi teorica sfornita del ben che minimo riscontro. È noto, infatti, che la possibilità di contrarre il virus tramite contatti con persone infette non è mai stata esclusa neppure all’interno delle zone rosse», è la conclusione dei Tribunale dei ministri.
Si tratta di una clamorosa sconfessione nei riguardi di un personaggio che, dall’alto delle sue supposte conoscenze superiori nel campo della virologia, ha più volte invocato misure sanitarie ancor più restrittive di quelle che ci sono state imposte per un lungo periodo di tempo. Le più dure e discusse d’Europa.