Emmanuel Macron spinge l’Europa verso un nuovo conflitto mediorientale. Arrivato in Israele per incontrare il presidente Isaac Herzog e il primo ministro Benjamin Netanyahu, non sembra essersi limitato unicamente ad esprimere la propria solidarietà. Macron ha assecondato la narrativa israeliana secondo cui Hamas persegue gli stessi obiettivi dello Stato Islamico e, quindi, ha deciso di «proporre una coalizione come quella anti-Isis in Iraq e Siria».
«Sono venuto qui per esprimere il nostro supporto e la nostra solidarietà a Israele». Il capo dell’Eliseo ha sottolineato come Francia e Israele condividano il “nemico comune” del terrorismo. Da qui l’idea di una coalizione internazionale. «Hamas – ha infatti dichiarato Macron – è un gruppo terroristico il cui obiettivo dichiarato è la distruzione di Israele e Israele ha tutto il diritto di difendersi. Ma in questa lotta non siete soli. La Francia è pronta a promuovere una coalizione internazionale e regionale per combattere Hamas e i gruppi terroristici che ci minacciano tutti».
Un intervento che ha il duplice effetto di stravolgere definitivamente i già precari equilibri dell’Unione europea e di far aumentare di nuovo il rischio di un allargamento del conflitto. La proposta di Macron rischia però di acuire anche la crisi politica interna all’Unione europea. Lunedì si è consumato l’ultimo scontro interno alla Commissione Ue, con l’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, che ha stroncato la linea tracciata da Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione Ue, alla presenza di Joe Biden, aveva promesso pieno e incondizionato appoggio dell’Ue a Stati Uniti e Israele. Le sue parole avevano provocato l’immediata reazione interna al Consiglio europeo, con fonti interne impegnate a ricordare come la strategia in politica estera debba essere discussa con i 27 capi di Stato e di governo. Adesso è arrivato Macron a rendere ancora più complicata la ricerca di una linea comune europea.
L’intervento armato di una ipotetica nuova coalizione anti-Hamas rischia infatti di scatenare la reazione degli alleati del partito armato palestinese, Iran in primis, che scatenerebbe una guerra su larga scala tra potenze che hanno sviluppato tecnologie nucleari. A Tel Aviv, però, la posizione del capo dell’Eliseo è apparsa molto più oltranzista: «La lotta deve essere senza pietà. Ma non senza regole, perché siamo democrazie che combattendo il terrorismo rispettano il diritto di guerra, assicurano l’aiuto internazionale e non prendono di mira i civili a Gaza. E credo sia nostro dovere combattere questo terrorismo, senza confusione, senza estendere il conflitto». Ed è proprio questa, però, la prima e più pericolosa conseguenza della formazione di una coalizione internazionale a trazione occidentale per combattere Hamas a Gaza. Portare i caccia europei e americani sui cieli della Striscia significherebbe entrare in guerra in maniera attiva, diventando così un obiettivo da colpire, non solo sul suolo palestinese, per il fronte che invece si è schierato con Hamas, a partire dall’Iran e da Hezbollah. A questo va aggiunto il rischio di fomentare l’odio delle formazioni terroristiche mondiali, Stato Islamico e al-Qaeda, basati sulla narrazione dell’invasore occidentale che opprime la comunità islamica. Messaggi che potrebbero riattivare cellule dormienti o lupi solitari sparsi nei Paesi europei.
Con questi presupposti, è difficile capire come poter portare avanti il dialogo con l’Autorità nazionale palestinese. Non a caso Macron volerà a Ramallah per incontrare il presidente dell’Anp, Abu Mazen, e affrontare la questione. Ma dopo le dichiarazioni del capo di Stato francese, non sarà facile per il leader palestinese stringere un accordo con chi promette un intervento armato in un territorio che, seppur governato da Hamas, rappresenta sempre una parte dei territori occupati da Israele.