Stop ufficiale al salario minimo, da mesi terreno di scontro tra maggioranza e opposizione. Con 153 voti favorevoli, 118 contrari e 3 astenuti, la Camera ha dato il via libera al maxi emendamento della maggioranza che affossa l’ipotesi del compenso minimo da 9 euro presentato delle opposizioni (Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Azione, +Europa, Alleanza Verdi e Sinistra Italiana con l’eccezione di Italia Viva) e delega il governo a trovare un meccanismo sostitutivo per “retribuzioni eque”. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato.
«Accartocciate con una mano la proposta di salario minimo delle opposizioni e con l’altro date un manrovescio a milioni di lavoratori poveri», ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein. «Vorremmo sapere perché Meloni ce l’ha così tanto con i poveri. Voi all’ascensore sociale state tagliando i fili perché chi è povero resti povero». Ribadendo ciò che aveva detto il giorno prima, prima di togliere la firma dal documento: «Non in nostro nome». Giuseppe Conte ha stracciato platealmente il testo originario.
La proposta di legge sull’introduzione del salario minimo ha seguito un percorso parlamentare piuttosto tortuoso. Dopo un lungo confronto pubblico, nel luglio scorso era stata depositata alla Camera una proposta di legge condivisa da tutti i gruppi di opposizione (Pd, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra, +Europa, Azione) a eccezione di Italia Viva di Matteo Renzi. La maggioranza di destra ha contrastato questo provvedimento dilatando i tempi di discussione il più possibile: mai dicendosi risolutamente contraria, ma contestando l’impianto della proposta delle opposizioni e insistendo sulla necessità di approfondire meglio il tema.
Per questo ha convocato a Palazzo Chigi, sede della presidenza del Consiglio, i leader delle opposizioni per un confronto sulla materia. Dopo quell’incontro ha deciso di affidare al Cnel (il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro presieduto dall’ex ministro Renato Brunetta) il compito di presentare nel giro di due mesi un rapporto sul salario minimo. La discussione parlamentare a quel punto si è bloccata, in attesa del responso del CNEL arrivato al termine dei due mesi di mandato.
Il 12 ottobre scorso il Cnel ha pubblicato un documento in cui sconsiglia di ricorrere al salario minimo per contrastare il fenomeno del lavoro sottopagato, e suggerisce piuttosto di rafforzare la contrattazione collettiva, cioè il ruolo dei sindacati nell’ottenere contratti di lavoro con maggiori tutele e una retribuzione migliore da estendere al maggior numero possibile di persone. Sulla base di questo parere, il 17 ottobre la maggioranza ha deciso di rallentare l’analisi della proposta di legge, che era arrivata nell’aula della Camera, e di riportarla in commissione Lavoro, la commissione competente su queste materie: è un passo indietro nella normale procedura di approvazione di un provvedimento, visto che di solito le commissioni discutono e votano i testi prima che vadano in aula, dove poi avviene la votazione decisiva.
La proposta unitaria delle opposizioni prevede infatti «una soglia minima salariale inderogabile, pari a 9 euro all’ora, per tutelare in modo particolare i settori più fragili e poveri del mondo del lavoro». Le discussioni sull’entità di questa cifra sono state molte. La verità è che l’importo di 9 euro lordi era quello previsto all’inizio della passata legislatura dal disegno di legge di cui al Senato era relatrice Nunzia Catalfo, allora presidente della Commissione Lavoro. La soglia del salario minimo è stata presa da quel disegno di legge, senza alcun riferimento al contesto macroeconomico, allora molto diverso dall’attuale e immune dalle disgrazie poi piovute sul Paese: la pandemia, la guerra, la crisi energetica e l’inflazione.
In Italia, secondo l’Ocse, 9 euro sarebbero pari al 75% del salario mediano (al 90% nel Sud). Altri istituti arrivano a quote percentuali ancora più elevate. Di conseguenza, come ha calcolato Emmanuele Massagli, presidente di Adapt, il 60% della retribuzione lorda oraria mediana in Italia è pari 7,02 euro, mentre il 50% della retribuzione lorda oraria media a 7,23 euro.
Sul salario minimo, il 5 e il 6 dicembre, in Aula, si è consumato lo scontro finale tra il governo e le opposizioni. Come sappiamo, in commissione la maggioranza aveva definitivamente bypassato il testo unitario per un salario minimo a 9 euro lordi all’ora presentato delle opposizioni: Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Azione, +Europa, Alleanza Verdi e Sinistra Italiana (con la sonora eccezione di Italia Viva). I partiti della coalizione di governo hanno infatti scelto di affidare, tramite un maxi emendamento, la delega al governo per trovare una soluzione alternativa alla proposta delle opposizioni. Ma la delega, arrivata il 5 dicembre al voto a Montecitorio, è stata accolta da alcuni emendamenti delle opposizioni che hanno rimesso in pista il loro testo nel tentativo di bloccare la delega, pur sapendo che non sarebbe servito. La Camera ha infatti approvato il 6 dicembre la legge che di fatto affossa ufficialmente il salario minimo.