Il Consiglio Europeo ha deciso di aprire i negoziati di adesione con l’Ucraina. Lo ha detto il Presidente Charles Michel su X-Twitter. A sorpresa, il premier ungherese Viktor Orbán ha tolto il veto. E lo ha fatto con un classico espediente della politica: è uscito dalla stanza al momento della decisione. Quando nel Consiglio Europeo è stata presa la decisione di dare il via libera ai negoziati di adesione all’Ue per l’Ucraina e la Moldova, «il premier ungherese Viktor Orbán non era in sala», spiegano fonti Ue. Il primo ministro ungherese «non ha delegato nessuno», ma ha scelto «consapevolmente» di non partecipare. Per questo nessuno ha obiettato al via libera. Un ruolo ha giocato anche la scelta della Commissione europea di ammorbidire l’Ungheria sbloccando allo scopo un terzo dei fondi Ue stoppati un anno fa a Budapest, soprattutto per i gravi problemi sul fronte dello Stato di diritto.
«Questa è una vittoria per l’Ucraina. Una vittoria per tutta l’Europa. Una vittoria che motiva, ispira e rafforza», scrive il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky commentando il via libera del Consiglio europeo all’apertura dei negoziati di adesione con l’Ucraina. La domanda di adesione dell’Ucraina era partita appena 4 giorni dopo lo scoppio della guerra con la Russia, a febbraio 2022. Nel giugno di quell’anno, a soli quattro mesi dalla richiesta di adesione di Kiev, all’Ucraina è stato concesso lo status di candidato all’adesione. Una rapidità del tutto anomala (molti Stati hanno dovuto aspettare anche anni per avere lo status di candidato), legato naturalmente all’attacco russo. Si trattava, insomma, di dare anche un segnale simbolico e politico di sostegno all’Ucraina.
L’ultimo paese a entrare nell’Ue era stata nel 2013 la Croazia, che aveva presentato la propria richiesta dieci anni prima. Al momento ci sono inoltre altri cinque paesi a cui è stato concesso lo status di paese candidato a entrare nell’Unione i cui negoziati per l’adesione sono ancora in corso: Turchia, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Albania. Per aderire un paese deve rispondere ad alcuni criteri fondamentali, tra cui il rispetto dell’articolo 6, paragrafo 1 del trattato sull’Unione, secondo cui un paese può entrare nell’Unione Europea solo se garantisce al suo interno il rispetto della libertà, della democrazia, dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali e dello stato di diritto. Dopo l’annuncio ufficiale dell’avvio dei negoziati, a marzo la Commissione europea dovrà fare il punto sulle riforme mancanti, solo allora del resto potrà esser stabilito il quadro negoziale (e cioè il vero e proprio calendario delle trattative con i diversi capitoli da affrontare).
Rimangono però altre questioni importanti, di natura finanziaria, come il fondo per l’Ucraina da 50 miliardi di euro. Per il quale, almeno per ora permane il veto di Orbán. La Commissione Europea, nel quadro della revisione del bilancio pluriennale dell’Ue, ha proposto un fondo per il periodo 2024-2027 per finanziare l’Ucraina con un totale di 50 miliardi di euro. Di questi, 33 miliardi saranno prestiti finanziati con il reperimento di fondi sui mercati. Altri 17 miliardi saranno sovvenzioni a fondo perduto. Fondi, questi ultimi, che nella proposta della Commissione, sostenuta da tutti gli Stati membri tranne l’Ungheria, saranno trovati nel bilancio comunitario. Orbán dice di non essere contrario di per sé al finanziamento dell’Ucraina, ma chiede che l’intero ammontare di 50 miliardi sia finanziato fuori bilancio Ue. Visto che la decisione deve esser presa all’unanimità, se il leader ungherese non cambia posizione non ci sarà altra scelta che una soluzione extra bilancio come chiede lui. Allo studio già soluzioni per un fondo finanziato con versamenti nazionali degli Stati membri.