Amburgo, Francoforte, Hannover, Kassel, Dortmund, Wuppertal, Karlsruhe e Norimberga. Sabato e domenica molte città della Germania hanno visto le proprie piazze riempirsi di manifestanti contro l’Afd, il partito di estrema destra Alternative für Deutschland, per chiedere di bandirlo dal paese. Si stima che vi abbiano partecipato 1,5 milioni di persone, unite da slogan e motti in favore della democrazia e contro il partito nazional-conservatore, euroscettico e anti-immigrazione.
Le manifestazioni sono una reazione a un’inchiesta pubblicata il 10 gennaio dal sito tedesco di giornalismo investigativo Correctiv, secondo cui a fine dicembre ci sarebbe stato un incontro tra alcuni leader di Afd, i finanziatori del partito e diversi membri del movimento neonazista tedesco. L’obiettivo della riunione sarebbe stato quello di discutere un piano di espulsioni su larga scala delle persone richiedenti asilo, di immigrati con permesso di soggiorno e anche di cittadini tedeschi di origine straniera. L’operazione è stata definita “remigrazione”.
Nonostante i tentativi di ridimensionamento della notizia da parte del partito, l’ondata di indignazione è stata enorme e immediata nel Paese. Manifestazioni vanno avanti da giorni, ma quelle di sabato sono state le più partecipate: sono state sostenute anche dal cancelliere tedesco Olaf Scholz (Socialdemocratico). Le proteste sono state sostenute da molti altri politici, ma anche da vari allenatori e dirigenti del principale campionato di calcio tedesco (la Bundesliga), e da diversi vescovi. Proprio nei giorni scorsi ha visto approvata la riforma della legge sulla cittadinanza che consentirà di ottenere la nazionalità tedesca più rapidamente, estendendo anche il diritto ad avere il doppio passaporto (finora riservato ai soli cittadini Ue e svizzeri).
Afd ha negato che la “remigrazione” faccia parte del proprio programma, ma da giorni in Germania si sta comunque discutendo della possibilità di bandire il partito, sulla base dell’articolo 21 della Costituzione tedesca. L’articolo 21 prevede che siano «incostituzionali i partiti che, con i loro obiettivi o con il comportamento dei loro aderenti, cercano di indebolire o abolire l’ordine fondamentale democratico libero o di mettere in pericolo l’esistenza della Repubblica federale tedesca».
Non tutti sono concordi però sulla reale possibilità di mettere fuori legge l’Afd, e nemmeno sull’efficacia che potrebbe avere una tale misura. Bandire un partito in Germania è piuttosto complesso dal punto di vista legale, anche se ci sono dei precedenti: nel 1952 la Corte costituzionale tedesca bandì il Partito socialista del Reich, erede del partito nazista, e nel 1956 il Partito comunista tedesco. Ci sono però anche casi in cui la richiesta di bandire un partito è stata respinta: nel 2017 la Corte costituzionale tedesca si era opposta al bando del Partito nazionaldemocratico tedesco (NPD), considerato all’epoca da molti il partito neonazista più importante emerso nel paese dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
E poi ci sono dubbi sui risvolti politici che avrebbe una misura di questo tipo: alcuni infatti ritengono che chiedere alla Corte costituzionale di vietare l’Afd ora sarebbe particolarmente rischioso, soprattutto se la Corte dovesse poi rifiutarsi di farlo, perché potrebbe portare diversi elettori a simpatizzare con l’Afd per quello che sarebbe probabilmente visto come un tentativo di censura.
Afd è stato fondato nel 2013 e oggi è il secondo partito più popolare in Germania dopo l’Unione Cristiano-Democratica (CDU, il principale partito conservatore tedesco), con un consenso a livello nazionale superiore al 21%, ma che va oltre il 30% nei sei länder (corrispettivo delle nostre regioni, ma con maggiore autonomia) dell’ex Germania dell’Est: in Sassonia e Turingia, dove il 1° settembre si terranno le elezioni regionali, arriva al 35%.