Se ne parla di giorni: la qualità dell’aria molto bassa di Milano è stata paragonata a quella di alcune grandi città note per essere molto inquinate, come Delhi in India e Pechino in Cina. Secondo i dati raccolti dal sito svizzero IQAir, la qualità dell’aria di Milano risulta non salutare al punto da inserire la città all’ottavo posto della classifica odierna delle città più inquinate al mondo. Il sito si avvale di un indicatore americano Aqi (Air Quality Index) che attribuisce al capoluogo lombardo un indice di inquinamento pari a 158.
Ma il sindaco di Milano Beppe Sala non ci sta. «Sono le solite indagini estemporanee gestite da un ente privato», risponde il primo cittadino ai giornalisti che lo incalzano sul tema. Sala ha invitato a non fare affidamento su classifiche gestite da società private, contestando il dato e invitando a tenere in considerazione le rilevazioni ufficiali effettuate dall’Azienda regionale per la protezione ambientale (ARPA) della Lombardia.
La classifica in questione è compilata da IQAir, una società svizzera che, oltre a vendere prodotti come rilevatori e purificatori per l’inquinamento, offre sul proprio sito una mappa interattiva della qualità dell’aria in buona parte del mondo. La mappa è realizzata utilizzando sia i dati forniti dalle istituzioni, sia dai sensori che la società vende e che possono essere collegati online per tenere sotto controllo i livelli di inquinamento dell’area geografica in cui si vive. Nel caso di Milano, IQAir impiega una decina di stazioni: la maggior parte è gestita da privati, mentre un paio è mantenuto da Arpa Lombardia, che pubblica i dati in tempo reale.
Il cosiddetto “indice di qualità dell’aria” (IQA) è un indicatore utile per farsi un’idea immediata, per quanto approssimativa, dello stato dell’aria. Di solito prevede tra i 5 e i 6 livelli dal migliore (“qualità dell’aria buona”) al peggiore (“qualità dell’aria estremamente scarsa”), in modo da dare indicazioni alla popolazione su eventuali precauzioni da assumere, come per esempio ridurre l’attività fisica all’aperto e stare il più possibile al chiuso. Dopo anni in cui ogni stato membro usava IQA lievemente diversi, l’Unione Europea ha lavorato per uniformare il più possibile il calcolo della qualità dell’aria in modo da avere valori comparabili in tutto il proprio territorio. L’iniziativa ha portato nel 2017 alla realizzazione dell’Indice Europeo della Qualità dell’Aria, basato sui valori concentrazione di PM10, PM2,5, biossido di azoto, ozono e anidride solforosa, tra le principali sostanze inquinanti presenti in sospensione nell’aria.
La realizzazione dell’IQA europeo ha reso più facilmente confrontabili le varie aree geografiche dell’Unione in termini di inquinamento, aggiungendosi alle classifiche che vengono pubblicate periodicamente sulla base di alcuni inquinanti. Ma l’IQA europeo utilizza, ad esempio, soglie diverse rispetto al National Air Quality Index dell’India: di conseguenza le stime sulla qualità dell’aria non sono sempre facilmente confrontabili. I singoli valori che vengono impiegati per fare la stima sono comunque disponibili e da quelli si possono fare valutazioni più ampie, per esempio tenendo in considerazione i limiti indicati dalle principali istituzioni sanitarie come l’Organizzazione mondiale della sanità. Per quanto riguarda i PM2,5, per esempio, l’Oms indica che la media della concentrazione nell’arco di un intero anno non dovrebbe essere superiore a 5 microgrammi per metro cubo. Non si dovrebbero inoltre superare i 15 microgrammi per metro cubo per più di 3-4 giorni consecutivi, sempre secondo l’OMS. In alcune stazioni di rilevamento di Arpa Lombardia a Milano nei giorni scorsi sono stati rilevati in più casi valori ben al di sopra degli 80 microgrammi per metro cubo; negli stessi giorni in un’area centrale di New Delhi i livelli di PM2,5 sono stati di circa 100 microgrammi per metro cubo.