Il 20% o il 30%? La percentuale massima di alunni stranieri nelle classi italiane continua a interrogare la politica, strascico della vicenda di Pioltello. Se una scuola densamente popolata da alunni musulmani ha ritenuto di chiudere nel giorno conclusivo del Ramadan proprio perché le aule sarebbero state comunque vuote, ecco che si ricomincia a parlare dell’integrazione degli studenti immigrati a scuola.
Matteo Salvini da Porta a Porta aveva lanciato la questione: «Bisogna mettere un tetto di alunni stranieri in ogni classe». Per il vicepremier il numero magico è 20. «Se hai tanti bambini che parlano lingue diverse, non parlano l’italiano in una classe, è un caos per tutti. Un 20% di bambini stranieri in una classe è anche stimolante: conosci lingue, conosci culture, conosci musiche. Ma quando gli italiani sono loro il 20% di bimbi in classe, come fa una maestra a spiegare l’italiano, la matematica, la storia e la geografia?»
Una proposta sposata e rilanciata, a poche ore di distanza, da un altro esponente della Lega, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara: «Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani». In realtà, però, è curioso notare come Salvini e Valditara non abbiano considerato che in Italia esiste già da tempo un numero limite di studenti stranieri per classe.
La legge che limita gli stranieri in classe c’è già. In base a una circolare del gennaio 2010 del ministero dell’Istruzione all’epoca guidato da Mariastella Gelmini (all’epoca esponente di Forza Italia) il numero di alunni stranieri con una ridotta conoscenza della lingua italiana non deve superare il 30% degli iscritti in ogni classe e in ogni scuola. Come spiega un rapporto del ministero, pubblicato lo scorso agosto, gli Uffici scolastici regionali «sono tenuti a facilitare una distribuzione equilibrata degli alunni con cittadinanza non italiana tra le scuole attraverso la promozione di accordi a livello locale e intese tra scuola ed enti locali».
Ci sono comunque alcune deroghe alla soglia del 30%. Questo limite può essere alzato dal direttore generale di un Ufficio scolastico regionale a fronte della presenza di studenti stranieri che si ritenga abbiano adeguate competenze linguistiche (si pensi agli studenti stranieri nati in Italia). In altri casi la soglia fissata al 30% può essere ridotta a fronte della presenza di alunni stranieri con una padronanza della lingua italiana considerata non adeguata per partecipare alle attività didattiche. «In nessun caso, comunque, le scuole possono rifiutare l’iscrizione di un minore in ragione del superamento di una determinata percentuale di iscritti di origine migratoria», sottolinea il rapporto del ministero.
Ma qual è la fotografia delle scuole italiane? I dati più aggiornati del Ministero dell’Istruzione e del Merito sono relativi all’anno scolastico 2021/2022. Il 7,2% di tutte le scuole d’Italia aveva più del 30% di studenti stranieri, mentre le scuole con zero stranieri erano il 18%, con grandi differenze tra regioni. La regione con la percentuale più alta di scuole senza studenti stranieri è la Sardegna, con quasi il 40% di scuole composte solo da studenti con la cittadinanza italiana. Seguono poi le altre regioni del Sud Italia. Al Nord è invece più alto il numero di scuole che superano la soglia del 30%: in Lombardia sono il 14% delle scuole (in totale 1.100), in Emilia-Romagna il 17,4 % e in Veneto l’11,3%.
Per quanto riguarda le classi, anche qui ci sono grandi differenze tra le regioni e tra i gradi scolastici. A livello nazionale l’11,2% delle classi alle elementari supera la soglia del 30%, percentuale che scende al 6,2 alle medie e al 3,1 alle superiori. Le percentuali scendono sotto all’1% in tutte le regioni se si considerano solo gli studenti stranieri che non sono nati in Italia. Escludendo gli alunni stranieri nati in Italia, «le classi con oltre il 30% di alunni con cittadinanza non italiana nati all’estero si riducono allo 0,5%», ha sottolineato il ministero.
In Europa cosa succede? I modelli di integrazione si possono riassumere così: in alcuni paesi, come l’Italia, gli alunni stranieri vengono inseriti nelle classi ordinarie, in altri paesi seguono, per un certo periodo di tempo, un’offerta scolastica distinta (classi preparatorie, o anche dette di accoglienza o classi di transizione); in molti paesi viene utilizzato un combinato tale per cui gli alunni seguono lezioni nella classe ordinarie e altre nell’ambito di un’offerta separata
L’idea del governo, e del ministro Valditara, non è quella di dividere studenti italiani e stranieri di prima generazione, assegnando questi ultimi a classi ghetto. Ogni studente immigrato verrà comunque sempre iscritto insieme con i suoi compagni italiani ad una medesima classe. Per favorire e accelerare un percorso vero di inclusione, è stato proposto un potenziamento e una personalizzazione della didattica specificamente per italiano ed eventualmente matematica. In pratica, e nel rispetto dell’autonomia scolastica, in caso di scarsa padronanza dell’italiano da parte dello studente, gli istituti potranno optare per classi di potenziamento, per la sola durata delle lezioni di italiano, oppure svolgere attività pomeridiane di potenziamento linguistico, che dovranno essere però obbligatorie. Lasciando lo studente immigrato, per il restante percorso, nella stessa classe assieme agli altri compagni.