«Ti devo venire a trovare che qua se no finiscono le elezioni. Il 29 va la tua roba… ricordati che io sto aspettando anche una mano …eh?». È il settembre 2021 e Giovanni Toti, intercettato dalla Guardia di finanza, rammenta ad Aldo Spinelli il finanziamento promesso in cambio del rinnovo trentennale della concessione del Terminal Rinfuse, uno dei più importanti gate del porto di Genova.
Il presidente della Liguria è agli arresti domiciliari per una inchiesta in cui è indagato per corruzione insieme a Paolo Emilio Signorini, ex presidente dell’autorità portuale che gestisce il porto di Genova e amministratore delegato del gruppo Iren, una delle più importanti società multiservizi italiane, e all’imprenditore portuale Aldo Spinelli, in passato presidente delle squadre di calcio di Genoa e Livorno: anche per Spinelli sono stati disposti gli arresti domiciliari, mentre per Signorini è stata ordinata la custodia cautelare in carcere.
L’inchiesta riguarda diversi casi di corruzione che sarebbero avvenuti in vari ambiti: le campagne elettorali organizzate per sostenere la candidatura di Toti, rieletto nel 2020 alla guida d’una coalizione di centrodestra, e la gestione di pratiche di competenza dell’autorità di sistema portuale e della pubblica amministrazione regionale.
Secondo la procura, Toti avrebbe ricevuto tangenti in cambio di favori, in particolare la concessione di spazi portuali all’azienda di Spinelli. Toti è accusato di aver accettato finanziamenti per 74.100 euro (40mila nel dicembre del 2021, 30mila nel 2022, 4.100 nel 2023) attraverso il suo comitato elettorale a fronte di diversi impegni. Il più rilevante, come dicevamo, riguarda il rinnovo per 30 anni della concessione del terminal Rinfuse. Nel dicembre del 2021 la concessione del terminal Rinfuse era stata assegnata a una società composta da gruppo Spinelli e dalla compagnia di navigazione Msc. La pratica di rinnovo era bloccata dall’autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale.
I soldi sarebbero serviti anche per concedere l’assegnazione di spazi portuali dell’ex Carbonile e di un’area demaniale usata dalla società autostrade. Per ottenere questi favori Spinelli avrebbe pagato anche Paolo Emilio Signorini, per cui è stata disposta la custodia cautelare in carcere. A Signorini è stato contestato di aver accelerato la discussione della pratica per il rinnovo della concessione del terminal Rinfuse nel comitato di gestione del porto, che presiedeva, e di averla rinnovata per 30 anni in cambio di 15mila euro ricevuti in contanti da Aldo Spinelli nel luglio del 2022.
Dall’indagine è emersa «una allarmante abitualità e sistematicità di un meccanismo perfettamente collaudato, ricavabile anche dalla stessa terminologia usata dal governatore con Spinelli per alludere alla richiesta di finanziamento (“quando mi fai vedere la barca”… “quando ti posso venire a trovare”), che veniva immediatamente compresa nel reale significato dall’imprenditore». L’ordinanza parla di una «sorprendente disinvoltura con cui Toti manifesta il proposito di ricorrere a richieste di denaro agli imprenditori, sfruttando la momentanea soddisfazione per gli obiettivi imprenditoriali realizzati anche in seguito al proprio intervento». Il pericolo di reiterazione del reato, che fonda l’esigenza di arresto, «traspare anche dalla stessa genesi delle condotte criminose contestate (…) iniziate già verso la fine del 2020, in occasione delle consultazioni elettorali regionali del 20 e 21 settembre e proseguite in tutte quelle che si sono susseguite, mosse tutte evidentemente dal medesimo scopo di ottenere l’elezione o la rielezione, per il raggiungimento del quale è stata “svenduta” la propria funzione e la propria attività in cambio di finanziamenti, abdicando in tal modo ai propri importanti doveri istituzionali».
Nell’indagine è stato coinvolto anche il capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani, che è stato coordinatore regionale della campagna elettorale del presidente e sarebbe coinvolto anche nella gestione di un sistema di corruzione elettorale in collaborazione con i fratelli Testa, accusati di aver agevolato il clan mafioso dei Cammarata del mandamento di Riesi, in provincia di Caltanissetta. Secondo l’accusa, durante la campagna elettorale del 2020 avrebbero promesso posti di lavoro e alloggi di edilizia popolare pubblica a persone appartenenti alla comunità riesina di Genova in cambio di almeno 400 preferenze nei confronti della lista del presidente Toti e in particolare del candidato Stefano Anzalone, consigliere regionale, accusato di corruzione elettorale. La procura ha contestato a Cozzani e ai fratelli Testa l’aggravante di aver commesso il reato di corruzione elettorale per agevolare l’attività del clan Cammarata nella città di Genova.