Dagli Stati Uniti, dove Donald Trump cerca il secondo mandato nonostante l’impeachment, a Hong Kong: sono tanti i Paesi del mondo che saranno chiamati alle urne nel corso del 2020 per rinnovare i rispettivi governi, parlamenti o capi di Stato. Ecco dove e quando si andrà al voto nel nuovo anno secondo le liste stilate dall’International Foundation for Electoral Systems e dal National Democratic Institute, organizzazioni no-profit statunitensi che si occupano di elezioni e di tutela delle istituzioni democratiche.
Negli Stati Uniti si voterà il 3 novembre – un martedì, come sempre – per eleggere il presidente. Le primarie Democratiche inizieranno il 3 febbraio in Iowa, e a oggi sembra chiaro che si giocheranno la nomination Joe Biden, Bernie Sanders, Elizabeth Warren e Pete Buttigieg. Da mesi si discute su chi di loro possa avere più possibilità di battere Trump, che nonostante gli scandali e il procedimento di impeachment continua ad avere un tasso di popolarità stabilmente superiore al 40% principalmente perché l’economia statunitense è in crescita.
Non solo Stati Uniti: sono diversi i Paesi del continente americano chiamati a votare nel 2020. Si comincia con il Perù, dove i seggi saranno aperti il 26 gennaio per le elezioni legislative. Si prosegue a marzo con Guyana e Bolivia e, a maggio, con Suriname e Repubblica Dominicana (elezioni presidenziali e parlamentari). A novembre saranno chiamati alle urne gli elettori del Belize, mentre entro la fine del 2020 dovrebbero svolgersi le elezioni parlamentari in Venezuela: il presidente in carica Nicolas Maduro,- rimasto alla guida del Paese dopo il tentato golpe del presidente dell’Assemblea nazionale autoproclamatosi presidente del Venezuela Juan Guaidò nel gennaio 2019, ha recentemente confermato la volontà di rinnovare l’Assemblea nazionale l’anno prossimo.
Il 2020 è anno di elezioni per due tra i paesi più influenti del Medio Oriente, tra loro acerrimi nemici: Iran e Israele. In Iran si vota il prossimo 21 febbraio per rinnovare i seggi del Parlamento: è difficile fare previsioni su come andranno le cose, sia per la situazione piuttosto caotica che sta attraversando l’Iran da qualche mese, sia per la poca trasparenza sul processo di selezione dei candidati adottato dal regime iraniano. A novembre in Iran ci sono state enormi proteste contro il governo a causa dell’aumento del prezzo del carburante: le proteste e la repressione potrebbero avere un impatto rilevante anche sui risultati delle elezioni di febbraio, ma al momento è difficile capire chi ne uscirà più danneggiato, se gli ultraconservatori che fanno riferimento alla Guida suprema Ali Khamenei, la principale figura politica e religiosa dell’Iran, o i moderati che al momento fanno riferimento al presidente Hassan Rouhani, a capo della fazione più disposta a dialogare con l’Occidente.
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In Israele si torna a votare per il Parlamento anche nel 2020, per la terza volta nel giro di un anno, e potrebbe finire come le altre due volte: cioè che i due principali partiti, uno di destra e uno di centro, non riescano a trovare una maggioranza per governare. I sondaggi più recenti dicono che Blu e Bianco potrebbe ottenere 37 seggi e Likud 33, rendendo comunque necessaria la formazione di qualche tipo di coalizione. La situazione è complicata anche dal particolare momento che sta attraversando Netanyahu: poco più di un mese fa, infatti, Netanyahu è stato formalmente incriminato per corruzione e truffa in tre casi diversi, un evento unico nella storia di Israele.
Il 2020 non sarà un anno di grandi e importanti elezioni in Europa, dove si voterà molto solo nei Balcani. L’esordio alle urne tocca alla Slovacchia, dove il 29 febbraio si terranno le elezioni parlamentari. Seguono ad aprile la Serbia e la Repubblica della Macedonia del Nord. A maggio sono previste le presidenziali in Polonia e a giugno in Islanda. Ancora presidenziali ad agosto in Bielorussia e poi in Moldavia a ottobre. Sempre a ottobre sarà il turno delle parlamentari in Montenegro, in Lituania (11 ottobre) e in Georgia. Chiudono l’anno Romania e Croazia, entrambe chiamate alle urne a dicembre.
Calendario elettorale fitto anche in Africa. A febbraio 2020 andranno al voto Camerun e Guinea, seguiti a maggio dall’Etiopia e a luglio dal Burundi, dove si terranno contemporaneamente le presidenziali e le parlamentari. A ottobre è il turno di Somalia, Tanzania e Costa d’Avorio. A novembre tocca al Burkina Faso, mentre in Egitto si va al voto a dicembre per rinnovare i membri del parlamento. Sempre entro la fine dell’anno si attendono elezioni in Repubblica Centrafricana e Ghana.
Quelle per rinnovare i 70 membri del Consiglio legislativo di Hong Kong, cioè il parlamento unicamerale locale, saranno forse le elezioni più importanti della storia di questa regione amministrativa speciale cinese, che sta attraversando una gravissima crisi dal giugno scorso. La competizione, oltre che tra singoli partiti, sarà soprattutto tra due schieramenti: quello filo-cinese, che vorrebbe continuare a mantenere Hong Kong sotto lo stretto controllo politico del governo di Pechino, e quello filo-democrazia, che vorrebbe fare il contrario.
In Asia il primo Paese ad andare al voto nel 2020 è Taiwan, che l’11 gennaio rinnoverà presidente e parlamento, in un voto in cui, come nel caso di Hong Kong, peserà il rapporto con la Cina. Seguono l’Azerbaijan, il 9 febbraio, e l’Iran, chiamato a scegliere i nuovi membri del parlamento il 21 febbraio. A marzo è la volta del Tagikistan, dove si terranno elezioni parlamentari e presidenziali, ad aprile della Corea del Sud e a giugno della Mongolia. Dopo la pausa estiva, a settembre tocca a Sri Lanka, Singapore e Giordania. A ottobre andrà alle urne il Kirghizistan ed entro la fine dell’anno anche il Myanmar e il Kuwait.
L’unico Paese dell’Oceania in cui sono previste elezioni politiche nel 2020 è la Nuova Zelanda. Entro la fine di novembre si andrà al voto per rinnovare il parlamento eletto nel 2017 – le legislature durano 3 anni – e per scegliere di conseguenza il nuovo primo ministro. L’attuale premier neozelandese è Jacinda Ardern, leader dei laburisti nonché seconda donna al mondo ad avere un figlio in carica dopo la pakistana Benazir Bhutto.