Fa discutere la presa di posizione di Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza, che ha parlato della necessità di un lockdown totale in tutta Italia. Una chiusura di due tre, quattro settimane, il tempo necessario per tonare a testare e tracciare e vaccinare ad alto ritmo con l’obiettivo di «limitare la circolazione del virus al di sotto dei 50 casi ogni 100 mila abitanti». Quello che insomma sta cercando di fare buona parte d’Europa, come Francia e Germania attualmente in lockdown. Una strategia di contrasto al virus che divide gli esperti, con alcuni convinti che si debbano evitare misure drastiche e ricorrere invece a interventi mirati. Come al solito c’è il fronte del sì, quello del no e anche quello del forse.
Andrea Crisanti, virologo dell’Università di Padova, non ha dubbi: «Ormai serve il lockdown, le zone rosse non bastano per contenere le varianti, andava già fatto a dicembre». Anche Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, dà ragione a Ricciardi «in linea di principio perché è sotto gli occhi di tutti che la faccenda delle regioni colorate non ha funzionato». Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore sanitario dell’Ospedale Galeazzi di Milano è più moderato e vede il lockdown duro come opzione poco praticabile: «Da un punto di vista medico le chiusure sono la scelta migliore per tornare a controllare la malattia, recuperare il tracciamento e poter svolgere una campagna vaccinale con serenità, senza che gli ospedali siano intasati ma serve un compromesso perché intere filiere di lavoratori sono devastate e serpeggia grande ribellione sociale, bisogna valutare anche la sostenibilità di una chiusura così rigida. Dobbiamo stringere i denti ancora due o tre mesi, magari ritardando i parametri del passaggio delle Regioni da un colore e l’altro, istituendo zone rosse ah hoc nelle zone dove nascono focolai».
Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova è molto critico. «Chiedere un lockdown generale è una misura barbara, senza razionale scientifico. Le soluzioni sono lockdown mirati, provinciali, localizzati, chirurgici e rapidi. Abbiamo Sardegna e Val D’Aosta quasi bianche e le trattiamo alla pari dell’Umbria? Per me non è corretto». Roberto Burioni virologo e docente all’università Vita-Salute San Raffaele su Twitter scrive: «Il problema non si risolve con le chiusure che servono solo a guadagnare tempo. Si risolve con il vaccino. Adesso sbrighiamoci». Francesco Vaia, direttore dell’Inmi Spallanzani di Roma, è contrario al lockdown generalizzato: «Vanno applicate con severità le misure che abbiamo. Un lockdown severo non serve, ma occorrono chiusure chirurgiche».
Quello che spaventa gli esperti è per la verità la diffusione delle varianti. Quasi il 20% dei casi positivi in Italia (1 su 5, esattamente il 17,8%) appartiene alla variante inglese. In Francia la prevalenza della variante inglese è del 20-25%, in Germania sopra il 20%. Sappiamo che la variante inglese è più contagiosa almeno del 50% ed è chiaro che se dovesse diventare prevalente è atteso un boom di contagi e di conseguenza un nuovo incremento di decessi e un grande stress per il sistema ospedaliero. In Italia sta circolando anche la variante brasiliana: focolai dovuti a questo ceppo sono stati localizzati a Perugia e Chiusi. Sono in corso indagini per calcolare la diffusione.
E intanto arriva una nuova durissima richiesta dell’Iss: «Considerata la circolazione nelle diverse aree del Paese si raccomanda di intervenire al fine di contenere e rallentare la diffusione della variante UK rafforzando/innalzando le misure in tutto il Paese e modulandole ulteriormente laddove più elevata è la circolazione, inibendo in ogni caso ulteriori rilasci delle attuali misure in atto».
Anche l’Europa è preoccupata: l’Ecdc ha aggiornato il livello di rischio attualmente valutato “alto-molto alto”. E la direttrice Andrea Ammon scrive in una nota: «Dalla nostra ultima valutazione la situazione epidemiologica è rimasta molto preoccupante. A meno che le misure non farmaceutiche non vengano continuate o addirittura rafforzate, nei prossimi mesi dovrebbe essere previsto un aumento significativo dei casi e dei decessi correlati al Covid-19».