«Una mattina mi son svegliato. O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao» intonano i protagonisti della serie tv cult “La casa di carta” di Netflix, la più vista di sempre tra quelle non in lingua inglese, durante la scena dell’assalto alla zecca spagnola. Il canto simbolo della resistenza dei partigiani italiani che combattevano contro le truppe fasciste e naziste è preso in prestito dall’autore Álex Pina per sottolineare il tema della ribellione contro lo Stato. «Bella ciao è una canzone che mi ricorda l’infanzia e che tutto il mondo conosce – dice Pina – un inno alla resistenza come la stessa serie è: finché c’è resistenza, c’è speranza».
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LA CASA DI CARTA. La storia è quella di un giovane, timido, fantomatico “Professore” (Álvaro Morte) che arruola una banda di professionisti a ciascuno dei quali viene assegnato un compito, e il nome di una città: Berlino, Helsinki, Oslo, Denver, Mosca e Tokyo. Il “piano perfetto” è quello di stampare e rubare 2,4 miliardi di euro, dopo aver occupato la Zecca di Stato di Madrid e giocato psicologicamente con gli inquirenti, gli ostaggi, e soprattutto, l’opinione pubblica. Anche lo spettatore, coinvolto in prima persona perché sensibile al tema della ribellione contro il sistema, si trova a patteggiare, scena dopo scena, spudoratamente per i rapinatori. Siamo tutti partigiani? Forse.
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L’INNO DELLA RESISTENZA. “Bella ciao”, l’inno dei partigiani italiani, ricorre in più episodi della serie tv spagnola: la cantano i protagonisti dell’attacco alla Casa di Carta, la Fábrica nacional de moneda y timbre di Madrid, la cantano il Professore e Berlino in una delle scene cruciali della serie. Durante la scena nella casa di Toledo, il Professore dice a Berlino “Nada va a salir mal. Somos la resistencia, ¿no?” (Non succederà niente di male. Siamo la resistenza, no?) per poi iniziare a cantare: «Una mattina mi son svegliato. O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao». Ma perché proprio “Bella ciao”? Il personaggio di Tokio (Úrsula Corberó), la voce fuori campo, si fa carico di spiegare la storia che lega il professore al canto partigiano: «La vita del Professore girava intorno ad un’unica idea: la resistenza. Suo nonno, che si unì ai partigiani per sconfiggere il fascismo in Italia, gli aveva insegnato questa canzone. Lui la insegnò a noi». Ed è questa la vera storia di “Bella Ciao”: un canto popolare antifascista tramandato da padre in figlio come testimonianza della Resistenza. Con il passare degli anni la canzone fu utilizzata partiti politici e altri gruppi anti-sistema divenendo l’inno delle manifestazioni operaie. Le versioni sono state tante, in diverse lingue ed interpretate da diversi cantanti, gruppi musicali, cori dichiaratamente di sinistra. Oggi “Bella Ciao” vive un nuovo momento di gloria grazie a “La casa di carta”.