“Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile”, questo è il nome ufficiale di quello che in queste ore viene informalmente definito “decreto Caivano”. Il testo del decreto è stato approvato dopo che, nelle scorse settimane, alcuni fatti di cronaca, e in particolare due stupri di gruppo, avvenuti a Caivano (Napoli) e a Palermo, hanno portato al centro dell’attenzione il tema dei reati commessi da minori.
Tra le altre cose è stata abbassata a 14 anni l’età minima necessaria per disporre alcuni provvedimenti, come il Daspo urbano, e sono state aggiunte o inasprite le pene per i genitori di ragazzi che non rispettano le regole. È stata inoltre abbassata la soglia dalla quale sarà possibile utilizzare la custodia cautelare: si potrà ordinare il carcere preventivo per reati che prevedono pene di almeno 6 anni (in precedenza era di 9). Il testo prevede anche la possibilità da parte del questore di vietare ai minori l’uso dei cellulari per determinati periodi di tempo. Come tutti i decreti legge, il testo entra immediatamente in vigore ma dovrà essere discusso e convertito in legge dal parlamento entro i prossimi 60 giorni.
Il testo definitivo non è ancora disponibile, ma il suo contenuto era già stato largamente anticipato dai giornali negli ultimi giorni ed è stato illustrato durante una conferenza stampa dai ministri di competenza e dalla presidente del Consiglio Gorgia Meloni. «Su alcune materie in passato lo Stato ha preferito occuparsi di altro, ha dato il segnale che su alcune questioni era meglio non entrare, che metterci la faccia poteva essere pericoloso. Invece penso che quello di oggi sia un segno di uno Stato che decide di metterci la faccia», ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in conferenza stampa, dopo l’approvazione del decreto. «Bisogna affrontare il tema della dispersione scolastica con determinazione: bisogna garantire l’obbligo scolastico. Basta minorenni che girano armati».
Il decreto-legge introduce la possibilità per i questori di rivolgere l’avviso orale ai ragazzi e le ragazze di almeno 14 anni (invece dei 18 anni richiesti dalle norme attuali) se questi sono ritenuti pericolosi e coinvolti in episodi come risse, percosse o minacce, anche senza una denuncia. L’avviso orale è una sorta di ammonimento con cui il questore avvisa una persona ritenuta pericolosa dell’esistenza di indizi a suo carico, e la invita quindi a mantenere una condotta conforme alla legge. Viene inoltre abbassata da 18 a 14 anni anche l’età minima per ordinare il Daspo urbano, il provvedimento con cui i questori possono ordinare a una persona considerata pericolosa per la sicurezza pubblica di allontanarsi da un determinato territorio. Nel decreto legge si introduce inoltre un aumento delle sanzioni per il porto d’armi e per lo spaccio di droga, anche di lieve entità: sarà possibile l’arresto in flagranza di reato per i minori.
Una delle norme più discusse riguarda l’uso dei cellulari: secondo il decreto legge, i questori potranno vietare ai ragazzi che ricevono l’avviso orale e sono condannati per alcuni reati, tra cui quelli contro la persona o legati alle armi e agli stupefacenti, di usare il telefono o altre piattaforme e servizi online per un periodo di tempo definito. Secondo molti però la misura sarà difficilmente applicabile e in ogni caso avrà un impatto molto limitato sulle cause della criminalità giovanile.
Il decreto inasprisce le pene anche per i genitori: quelli dei ragazzi o delle ragazze minorenni che ricevono l’avviso orale possono ricevere una sanzione da 200 a mille euro, a meno che non provino di non aver potuto impedire la mala condotta. Il testo aggiunge anche un articolo al codice penale, secondo cui i genitori dei ragazzi che non rispettano l’obbligo scolastico (e quindi lasciano la scuola prima dei 16 anni) possono essere puniti con il carcere, fino a due anni. È un inasprimento notevole, dato che le norme attualmente in vigore prevedono al massimo una multa da 30 euro per i genitori.
Infine, nel decreto-legge è presente anche qualche misura rieducativa. In alcuni casi il giudice potrà decidere di chiudere un processo a carico di una persone minorenne (con la cosiddetta “definizione anticipata”) a patto che questa acceda a un percorso di reinserimento e svolga lavori socialmente utili. Negli ultimi giorni si era parlato anche di ridurre l’età minima per l’imputabilità, ossia il momento in cui un cittadino diventa penalmente perseguibile, dagli attuali 14 anni a 12 anni. La misura era stata sostenuta soprattutto da Matteo Salvini, leader della Lega e ministro per le Infrastrutture e i Trasporti, secondo cui «il quattordicenne che gira con un coltello o con una pistola è capace di intendere e volere» e quindi «se sbaglia, se uccide, se rapina, se spaccia deve pagare come un cinquantenne». Non si tratta comunque di un’idea nuova per la Lega: nel 2019 il deputato Gianluca Cantalamessa presentò una proposta di legge per abbassare l’età minima per l’imputabilità a 12 anni, che però non fu mai discussa.
La norma infine non è stata compresa nel decreto legge: durante la conferenza stampa organizzata dopo il Consiglio dei Ministri il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha definito questa ipotesi «contraria alla razionalità, all’etica e anche all’utilità». Alcune norme ipotizzate per il decreto legge sono state contestate da magistrati ed esperti. La Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, ha detto per esempio che «gli inasprimenti delle pene e l’abbassamento dell’età imputabile non sono misure idonee o utili per arginare il fenomeno» della criminalità tra i giovani. Bisognerebbe, invece, «agire sul contesto educativo» per fare in modo che i ragazzi diventino più consapevoli riguardo alla loro condotta e all’impatto che questa può avere sulla comunità.