Secondo i vecchi adagi si afferma spesso che, soprattutto in ambito giuridico, la semplicità e la chiarezza interpretativa siano imprescindibili. Una necessità ineludibile quando si sposta la lente d’ingrandimento sulle leggi fondamentali che regolano la vita di uno Stato democratico come l’Italia. Le leggi elettorali, nei sistemi democratici contemporanei, rappresentano le cosiddette “regole del gioco”. Difficile trovare un terreno più basilare su cui applicare il concetto espresso all’inizio di questo articolo. E se risulta arduo immaginare di spiegare una legge elettorale nei celebri dieci secondi del noto aforisma di Bill Watterson, è altrettanto biasimabile l’estrema complessità di cui i legislatori stanno ammantando la nuova legge elettorale italiana, rinominata “Rosatellum” dal cognome del deputato PD Ettore Rosato che ne propose la prima versione in parlamento la scorsa primavera.
I CONTENUTI. Negli ultimi mesi gli schermi dei nostri televisori e dei nostri laptop sono stati bombardati da notizie e nomi riguardanti la legge elettorale. Le nostre orecchie hanno ascoltato svogliatamente ed in ordine sparso brandelli di dibattito e spezzoni di dichiarazioni sui vari “Rosatellum”, “Rosatellum 2.0”, “Consultellum”, “Porcellum”, “Italicum corretto” e così via. Cerchiamo allora di penetrare le nebbie dello scontro politico per capire i meccanismi che dovrebbero determinare la nuova legge elettorale italiana. La seconda versione del Rosatellum, da poco approvata alla Camera dei deputati, si presenta in sembianze ibride unendo elementi proporzionali ad elementi maggioritari. Il 64% dei parlamentari, infatti, sarà eletto con un meccanismo proporzionale che prevede liste bloccate di 3 o 6 candidati senza possibilità di esprimere preferenze o di ricorrere al voto disgiunto mentre il restante 36% sarà eletto con un sistema maggioritario caratterizzato da collegi uninominali. Potranno ottenere dei seggi nel sistema proporzionale soltanto quelle liste che superino una soglia del 3%, uno sbarramento più leggero rispetto al 5% che si ipotizzava nelle prime versioni della legge e che avrebbe certamente evitato in misura superiore l’eccessivo frazionamento dello spettro politico. Inoltre, nonostante un candidato non possa presentarsi in più di un collegio uninominale, potrà invece presentarsi in ben tre circoscrizioni proporzionali diverse. Appare chiaro che questa decisione sia stata presa per cristallizzare la possibilità dei partiti di selezionare la classe dirigente senza passare necessariamente dalla ghigliottina delle preferenze e quindi dal giudizio popolare. Alcune novità investiranno anche l’aspetto stesso della scheda elettorale. In maniera apprezzabile, infatti, i legislatori hanno previsto di dotare le nuove schede di un tagliando alfanumerico che verrà strappato dalla scheda prima della sua introduzione nell’urna e confrontato su un registro messo a disposizione del seggio elettorale allo scopo di prevenire eventuali frodi e manomissioni del risultato della competizione. Nelle nuove schede sarà possibile trovare anche delle istruzioni di voto, un espediente che mira, nelle intenzioni, a tutelare la volontà dell’elettore riducendo il margine d’errore nella sua espressione. Infine, la nuova legge prevedrebbe la possibilità per i cittadini italiani di candidarsi in una delle circoscrizioni estere. In merito a quest’ultima ipotesi, diverse forze di opposizione hanno denunciato un tentativo di restituire, da parte del governo, agibilità politica a personaggi che versano in acque burrascose nei confronti della giustizia italiana come Dennis Verdini.

IL VOTO DI FIDUCIA E I DUBBI SULLA COSTITUZIONALITÀ. Il “Rosatellum” ha fatto storcere la bocca a tanti osservatori e addetti ai lavori non soltanto per i suoi contenuti, ma in particolare per il metodo di discussione parlamentare. L’esecutivo ha infatti deciso di porre la questione di fiducia, come già successo in occasione dell’approvazione dell’Italicum nella primavera del 2015, anche su questa legge elettorale. E’ la quarta volta nella storia della nostra Repubblica che ciò avviene e certamente il caso più eclatante avvenne nel periodo fascista con la cosiddetta “legge Acerbo”. Il punto è che le regole del gioco dovrebbero essere scritte insieme. Vi siedereste mai ad un tavolo apparecchiato dal vostro avversario per giocarvi una partita decisiva con l’unica garanzia di doversi fidare delle regole stabilite da quest’ultimo? Una convergenza tra i tre poli che in questo momento rappresentano la maggioranza dell’elettorato italiano era non solo auspicabile bensì essenziale per garantire legittimità a qualsiasi progetto di legge elettorale. Come se non bastasse, da più parti, si sollevano dubbi sulla costituzionalità della legge stessa. In particolare, diversi autorevoli giuristi, come ad esempio Felice Besostri, hanno puntato il dito contro l’indebita compressione della libera volontà dell’elettore che, non potendo usufruire del voto disgiunto, si trova costretto, votando un candidato nel collegio uninominale, a “trasferire” la sua preferenza anche alla lista proporzionale collegata i cui candidati sono decisi dalle segreterie di partito. Si tratterebbe, dunque, di un contrasto stridente con l’articolo 48 della nostra Carta Costituzionale.
LE POSIZIONI POLITICHE. Appare chiaro come obiettivo di ogni legge elettorale debba essere quello di trovare un punto di equilibrio tra le esigenze della governance e quelle della rappresentatività. Il “Rosatellum”, a questo proposito, sceglie la strada delle coalizioni elettorali che già hanno caratterizzato le “prime repubbliche” della storia politica italiana. Dalle prime proiezioni immaginate con l’eventuale approvazione di questa legge, infatti, esce fuori un quadro politico tripolare formato dal Centro-Sinistra (PD + AP), dal Centro-Destra (FI + Noi Con Salvini + FDI) e dal M5S. Dei tre poli, quello che da sempre ha detto di rifiutare qualsiasi ipotesi di apparentamento è il M5S. Da ciò si spiega la feroce opposizione, dal punta di vista politico, del movimento di Grillo a questa ipotesi di legge elettorale. Contrarietà è stata anche manifestata da alcune formazioni medio-piccole come MDP e Fratelli D’Italia (differentemente dalle posizioni di FI e Noi Con Salvini). Il collegamento tra il sistema maggioritario e quello proporzionale, infatti, costringerebbe queste due formazioni a coordinarsi ed a venire a patti rispettivamente col PD per MDP e con le altre due anime del centrodestra per FDI riducendo drasticamente il loro margine di agibilità politica. Le decisioni sulle soglie di sbarramento, infine, favoriscono i micro-partiti che decidono di agganciarsi ad una coalizione fornendogli concrete possibilità di strappare un seggio in parlamento con buona pace dell’omogeneità delle forze politiche. E’ difficile prevedere dove si consumerà l’epilogo di quest’ennesimo tentativo di riforma della legge elettorale, se in un’aula di tribunale o sulle barricate erette nelle piazze, ciò che è certo, paradossalmente, è l’incertezza sul futuro politico del nostro paese che rischia una parentesi d’ingovernabilità come quella apertasi recentemente in Spagna.
