Le colpe dei padri non ricadono sui figli, ma sugli affari di famiglia si. Luigi Genovese, figlio di Francantonio, ventuno anni appena eletto all’Assemblea regionale siciliana con oltre 17 mila preferenze è finito nei guai giudiziari con l’accusa di riciclaggio e sequestro di beni per oltre 100 milioni di euro. I finanzieri del Comando Provinciale di Messina a conclusione di una complessa serie di indagini hanno messo i sigilli a società di capitali, conti correnti, beni mobili ed immobili intestati alla famiglia Genovese.
L’INCHIESTA. Il decreto di sequestro ricostruisce la storia non ufficiale della dinasty messinese attraversando tre generazioni di Genovese: dal nonno Luigi senior, passando per Francantonio, e fino a Luigi junior. L’indagine non parte da Messina né da accertamenti diretti su Francantonio Genovese, ma da alcuni accertamenti avviati nel 2013 dal Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Milano che indagava su una filiale di una banca svizzera e da cui emergeranno i conti di ricchi italiani. Tra questi c’era anche quello dei Genovese. Un contro aperto dal padre Luigi e sul quale sarebbero transitate somme importanti sottratte per anni all’imposizione fiscale italiana. La fonte più probabile di quel tesoretto in nero sarebbe secondo gli inquirenti la “Tourist-Caronte”. In base alle indagini della procura di Milano, poi trasferite a quella di Messina, il fisco esigeva da Genovese circa 20 milioni di euro, ma nel frattempo provvedeva a svuotare società e conti per aggirare il pagamento. «E così dal nulla si staglia la figura di Luigi junior -si legge nelle carte dell’inchiesta – che diventa consapevolmente, firmando atti e partecipando alle manovre del padre, ricchissimo».
L’EREDE. I voti, le indagini e i soldi sarebbero transitati dal padre Francantonio al figlio Luigi. A metà del 2016 sono stati intestati o ceduti a Luigi Genovese, diversi appartamenti a Roma e in Sicilia. Secondo l’accusa è uno degli strumenti utilizzati per evitare che potesse essere aggredito dallo Stato italiano il tesoro dei Genovese. Non solo. Al giovane che presto sarebbe diventato un candidato alle Regionali nella lista di Forza Italia a Messina, sono passate anche alcune delle quote delle società di famiglia. Genovese junior è diventato di fatto «il prestanome e beneficiario dell’operazione compiuta dal padre per sottrarsi al pagamento di imposte» sull’importante patrimonio ereditato dal nonno attraverso «vari passaggi e forme di riciclaggio e frode fiscale». Luigi junior sarebbe, dunque, secondo gli inquirenti, l’ultimo anello della catena, colui che sarebbe subentrato in tutti i rapporti economici dei Genovese. «In una parola – conclude il Gip – se l’impero economico dei Genovese si caratterizza ormai per illiceità e reati, il Genovese Luigi è l’erede designato a raccogliere l’eredità di tutto ciò».
GLI “IMPRESENTABILI”. Con Luigi Genovese sale a quattro il numero dei deputati all’Ars già inquisiti o arrestati per voto di scambio ed altri reati subito dopo l’elezione del 5 novembre. Quattro su Settanta. È questa l’immagine della Sicilia che finisce in prima pagina e su cui il neo governatore Musumeci dovrà costruire i suoi prossimi cinque anni di legislatura. Si sta delineando il quadro prospettato in campagna elettorale dai Cinque Stelle che avevano gridato agli “impresentabili” nelle fila del centro destra. Nel caso della candidatura dli Luigi junior “l’impresentabile” non era lui, ma il padre Francantonio, ex segretario del Pd siciliano passato Forza Italia e condannato in primo grado a 11 anni di reclusione per lo scandalo della formazione professionale. Ma adesso è proprio il giovane rampollo a dover fare i conti con la giustizia e con un’immagine non più immacolata: «Dimostrerò la linearità e la regolarità della condotta mia e dei miei congiunti nella gestione dei beni di famiglia. Anche se la tempistica di questo provvedimento può apparire sospetta, voglio credere che non vi sia alcuna connessione con la mia recente elezione all’Assemblea Regionale Siciliana».