Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di Cloud Strife, di Midgar, dell’aeronave di Cid o di tutti gli altri elementi topici che compongono il meraviglioso universo Final Fantasy. Questa saga così composita non rappresenta soltanto un simbolo “nerd”, un fenomeno di nicchia riservato agli amanti dei giochi di ruolo (RPG o GDR in gergo, che si preferisca l’acronimo inglese o quello italiano). Milioni di ragazzi con queste storie ci sono cresciuti e ne hanno assimilato i significati profondi sapientemente inframezzati a combattimenti epici, grafiche mozzafiato e colonne sonore capaci di accarezzare soavemente le corde dell’anima.
FANTASIA FINALE. Un nome non casuale quello scelto dal padre della saga, Hironobu Sakaguchi, volto a sottolineare come un ennesimo fallimento dei suoi sforzi lo avrebbe condotto a cambiare definitivamente strada nella sua vita. Come spesso accade, tuttavia, la caparbietà e il sacrificio vengono ripagati dalla sorte che ha regalato all’universo fantastico creato da Square Enix una dimensione mondiale. Dal 1987 ad oggi, a distanza di trent’anni, a parte qualche capitolo meno riuscito degli altri, Final Fantasy ha conquistato il palcoscenico del settore del video-gaming, e non l’ha mai più abbandonato. Ogni tappa di questa trentennale avventura è stata caratterizzata da alcuni temi di fondo di grande attualità e che hanno donato ai milioni di giocatori non soltanto un’esperienza ludica ma anche delle sensazioni, dei temi, delle emozioni e delle lezioni mai banali, da assimilare, metabolizzare, assaporare. Il valore dell’amicizia è sicuramente uno dei più importanti. L’aura di cameratismo che accompagna le peripezie degli eroi dell’universo Square è una variabile costante. Non è possibile superare alcun ostacolo, che si tratti di un mostro leggendario o di un inestricabile rompicapo, senza il supporto degli amici veri. Amici disposti a condividere qualsiasi difficoltà, amici che non volterebbero mai le spalle men che meno nei momenti di estremo bisogno. I rapporti umani che trionfano sull’oscurità di mondi spesso freddi e spietati, popolati da creature e uomini senza scrupoli, divorati dalla propria ambizione, consumati da una vorace sete di potere. La semplificazione un po’ forzata che si concede l’universo creato da Sakaguchi, un po’ per l’influenza della cultura orientale un po’ per l’età media della platea a cui i giochi si rivolgono, è rappresentata da un manicheismo di fondo che avvolge l’universo Final Fantasy come tanti filamenti traslucidi. Bene e male, bianco e nero, yin e yang. Non c’è posto per l’opacità del grigio o per le tonalità policrome dell’arcobaleno che colorano la vita di ognuno, in un’ineludibile complessità a cui nessuno può sottrarsi.
E POI C’È LA MAGIA. Eterea e inafferrabile, scorre tumultuosa nelle vene dei personaggi, arma imprescindibile nei combattimenti affrontati dai protagonisti dei vari capitoli, fonte inesausta di meraviglia e stupore. Ma la magia di Final Fantasy la trovi soprattutto nelle ambientazioni, nella profondità della trama, nell’attualità dei messaggi, la magia è un guscio onirico che avvolge il giocatore in ogni passo mosso all’interno di quest’universo, ti si attacca addosso come un lieve sudario, non ti abbandona mai. E poi ci sono gli ovvi riferimenti alla cultura giapponese, è possibile ritrovarli nei nomi delle armi imbracciate dai personaggi, ad esempio, come le più che famose “katane” o “murasame”. Final Fantasy è infine un tripudio di simboli misto a contaminazioni tratte dalla cultura letteraria occidentale come i riferimenti a “Excalibur”, per esempio. I più noti sono certamente rappresentati dai Chocobo, simpatici gallinacei gialli ed utili mezzi di trasporto o dai moguri, allegri volatili che coadiuvano gli eroi della saga nelle loro avventure. Final Fantasy proclama coraggiosamente il primato della fantasia, l’incredibile potenzialità della mente umana, la sua infinita creatività. Negli universi che costruiamo dentro la nostra mente, dalle radici profonde, possiamo essere chiunque desideriamo, re o imperatori, avventurieri o stregoni, l’importante è non confondere la fantasia con la vita reale, ma senza dimenticare di vivere la seconda con quel pizzico di magia che è tipico della prima.