È essenziale correggere la visione comune e promuovere un cambio di paradigma: il turismo delle radici non si riduce a un semplice viaggio di ritorno per i nostri connazionali all’estero. Il turismo delle radici è molto più di un semplice ritorno: è un’opportunità per riscoprire le proprie origini, apprezzare e valorizzare il patrimonio culturale, enogastronomico e produttivo dei nostri territori, e sperimentare l’innovazione sociale e tecnologica applicata al turismo.
Per comprenderne in profondità il reale valore abbiamo intervistato il professore Filippo Grasso, docente di analisi di mercato presso l’Università di Messina e autore di innumerevoli fortunati saggi sul turismo.
Che opportunità può offrire il turismo delle radici?
«Questo modello innovativo di turismo ha il potenziale di generare benefici significativi sia per i viaggiatori sia per le comunità locali, contribuendo allo sviluppo sostenibile, alla conservazione (resilienza) delle tradizioni culturali e alla governance turistica dai borghi ai piccoli comuni, dalle aree rurali alle grandi città. Questo approccio va oltre la tradizionale offerta turistica del “viaggio di ritorno” alle proprie origini, creando un impatto significativo su diversi settori interconnessi e multidimensionali. Non solo rappresenta una pratica turistica di successo, ma si configura anche come uno strumento di “best practice” stabile, strutturale, replicabile e adattabile in diversi contesti territoriali. Questa forma di turismo, quindi, può diventare un pilastro fondamentale nella strategia di sviluppo sostenibile e nella valorizzazione delle risorse locali, promuovendo contemporaneamente un’immagine positiva e attrattiva dell’Italia a livello globale e valorizzando le eccellenze dei prodotti tipici enogastronomici».
Come possono i turisti di origine italiana riscoprire le proprie radici?
«In questo contesto si inserisce “Italea.com”, una piattaforma digitale dedicata alla commercializzazione delle eccellenze dei prodotti tipici enogastronomici, della filiera produttiva e della promozione dei viaggi esperienziali delle radici, un’iniziativa coordinata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Questa piattaforma è stata ideata con l’obiettivo di incoraggiare gli italodiscendenti a riscoprire l’Italia e i luoghi di origine dei loro avi, offrendo un’esperienza autentica e significativa. Attraverso la piattaforma, gli italodiscendenti possono riscoprire le proprie radici attraverso viaggi personalizzati, accessibili e inclusivi, che permettono di immergersi nella cultura, nelle tradizioni e nella storia delle regioni, creando un legame profondo e duraturo con la terra dei propri antenati.
Tra le diverse risorse a disposizione, le università italiane si distinguono per la loro adesione alla terza missione: oltre all’insegnamento e alla ricerca, si propongono di svolgere un ruolo attivo nei confronti delle comunità locali. Intendono promuovere una riflessione approfondita tra studiosi e operatori del settore turistico per analizzare e migliorare l’offerta di viaggi esperienziali. Inoltre, mirano a facilitare l’incontro tra la domanda turistica dei viaggiatori italodiscendenti e l’offerta turistica dei territori italiani».
Lei è un rinomato esperto di turismo in Sicilia, una regione storicamente caratterizzata da una significativa emigrazione a causa della mancanza di opportunità lavorative. Come sta affrontando la Sicilia il fenomeno del turismo delle radici e quali iniziative sono in corso per attrarre i discendenti degli emigrati?
«Il governo regionale sta lavorando ad una proposta di legge (723/2024) in favore dei siculo-discendenti che rappresenta, a mio avviso, un’iniziativa molto significativa per la Sicilia e di grande rilievo per i siculo-discendenti. Questo DdL mira a rafforzare i legami tra l’isola e i suoi discendenti sparsi nel mondo, preservando e valorizzando le radici culturali, storiche e familiari dei siciliani all’estero e incentivare allo stesso tempo investimenti in attività economiche nel territorio regionale. Immagino, alcuni semplici esempi, la presenza degli “imprenditori di ritorno”, della scontistica sui trasporti verso la Sicilia, sul ripopolamento dei borghi, sostegno economico alle famiglie con figli a carico.
Le politiche turistiche territoriali, quindi, hanno un duplice scopo: non solo valorizzare il turismo delle radici, ma anche rafforzare i legami culturali e affettivi tra gli italodiscendenti e l’Italia. Questo progetto permette agli italodiscendenti di esplorare le proprie origini in modo personale e coinvolgente, rendendo il viaggio un’esperienza unica e significativa. Lingua identitaria e cibo è la domanda che più emerge dai viaggiatori delle radici per riconnettersi con la storia dei propri avi e rivivere esperienze nuove ed innovative».
Le università possono svolgere un ruolo cruciale nel promuovere il turismo delle radici. In che modo le istituzioni accademiche italiane stanno contribuendo a facilitare il legame tra i discendenti degli emigrati e la ricchezza culturale della loro terra d’origine, attraverso collaborazioni, ricerche e programmi di scambio culturale?
«Le università svolgono un ruolo fondamentale in questo processo, fungendo da ponte tra il desiderio dei viaggiatori di connettersi con le proprie radici e la ricchezza culturale e storica dei territori italiani. Attraverso collaborazioni accademiche, ricerche e programmi di scambio culturale, le università possono offrire un supporto prezioso e facilitare un’esperienza di viaggio più profonda e informata.
Ne deriva non solo la promozione del patrimonio culturale italiano, ma anche la creazione di una rete globale di italodiscendenti connessi tra loro e con la loro terra d’origine.
Le università, quindi, con il loro ruolo educativo e di ricerca, in particolare con gli studenti stranieri, possono sviluppare programmi specifici che coinvolgano gli studenti in progetti di valorizzazione delle radici culturali, organizzare eventi tematici e creare piattaforme digitali per facilitare lo scambio di conoscenze ed esperienze. In questo modo, l’esperienza del turismo delle radici diventa non solo un viaggio fisico, ma anche un percorso di crescita culturale e personale, arricchendo sia i visitatori che le comunità locali».