Dovevano essere cancellate in nome della spending review, sono state poi commissariate e hanno soltanto cambiato nome diventando Città Metropolitane. E fu così che le Province siciliane, di fatto mai entrate in una “bara”, dopo quattro anni di purgatorio si preparano al gran ritorno. Il primo provvedimento del nuovo Governo Musumeci – subito destinato a far discutere – è infatti un ricorso alla Corte Costituzionale per ripristinare le elezioni col voto dei cittadini nelle vecchie Province. In verità Musumeci si mostra coerente con la sua linea politiche che già nella passata legislatura lo aveva visto opporsi alla soppressione delle Province, negli anni in cui il Governo Crocetta voleva cancellare le Province ma in definitiva ha partorito soltanto un ibrido “topolino”, con il solo cambio di nome di questi enti in favore di una lunga sequenze di nomine politiche di Commissari sino a qualche settimana prima del voto del 5 novembre. Ora Musumeci ha messo nero su bianco ad un primo disegno di legge che sancisce il primo contenzioso con lo Stato del neonato Governo di centrodestra siciliano.
IL RICORSO. La Giunta ha autorizzato il presidente a presentare ricorso innanzi la Corte Costituzionale a seguito dell’impugnazione della legge che ha reintrodotto la elezione diretta dei vertici delle ex Province e, quindi, per tutelare la potestà statutaria della Sicilia in materia di ordinamento degli Enti locali e per difendere il diritto dei cittadini ad eleggere i propri rappresentanti, anche a seguito del voto popolare sul referendum costituzionale dello scorso dicembre e, quindi, nel solco dei principi di democrazia diretta fatti propri dall’Unione Europea.
ENTI SENZA FONDI. A questo punto c’è da capire cosa risponderà la Corte Costituzionale, in una materia impervia, dove i punti da chiarire sono essenzialmente due: se va sancito il ripristino del voto popolare nelle ex Province ma ancor prima il ruolo esatto di questi Enti. Utopico era evidentemente l’intento di cancellare le Province per poi far assorbire alle Regioni, tanto più nel caso specifico a quella Siciliana, il personale delle Province, ma va compreso cosa può produrre al momento ogni Provincia regionale partendo dal presupposto che lo Stato ne ha “vampirizzato” i bilanci, tagliando i relativi trasferimenti annuali e riducendo sensibilmente quelli che un tempo erano fondi corposi troppo spesso sperperati in modo scriteriato.
RIFORMARE PRIMA DI VOTARE. Ripristinare il diritto di voto popolare per le Province significa ridare voce al pensiero dei cittadini ma in favore di un Ente che a cosa e a quanto esattamente può servire? La sensazione collettiva, in sostanza, è che il rischio concreto sia quello di ridare fiato a dei “carrozzoni”. Prima di fare chiarezza sul voto o non voto popolare, urge una riflessione sul ruolo delle Province o Città Metropolitane che siano: vanno ripensate e ristrutturate, riformate senza cadere nella tentazione di riportarle (o anzi tenerle) in vita per ampliare lo scacchiere delle poltrone politiche. Perché altrimenti, con le nomine politiche dirette o con il voto dei cittadini, si rischia in qualsiasi caso e in egual misura, di accomodare sugli scranni delle Province figure del tutto inutili al contesto collettivo e avulse alle reali necessità di portare avanti politiche incisive per il territorio. E la Sicilia, mai come adesso, non ha bisogno di alimentare, né in forma diretta né in termini indiretti, altri “stipendifici”. Tanto meno di resuscitare quelli di lungo corso che non sono serviti praticamente a nulla in questi anni.