L’aspetto austero e solenne delle stanze del quirinale da cui il Presidente della Repubblica rivolge il tradizionale discorso di fine anno agli italiani ci è forse più familiare di qualche parente seduto ai deschi del classico cenone. Il discorso di Mattarella era particolarmente atteso considerata la grande incertezza politica che sta accompagnando i primi giorni di campagna elettorale. Il rosatellum licenziato dalle camere qualche mese fa ha determinato l’estrema difficoltà, per ognuno dei tre poli maggiormente accreditati alla vittoria finale (PD, Centro-Destra e M5S), di laurearsi come vincitore all’indomani del 4 marzo. Il Paese, inoltre, nonostante abbia mostrato qualche cenno di ripresa economica, continua ad essere attraversato da drammatiche diseguaglianze. Il punto non è produrre ricchezza, il punto è distribuirla in maniera equa tra le fasce sociali. E poi i timori per la sicurezza in un mondo dove i radicalismi di ogni forma non intendono scemare. Al netto delle tematiche di grande interesse che gli spettatori si aspettavano trattasse Mattarella, come ha effettivamente fatto, occorre soffermarsi a riflettere sulla legittimità stessa del discorso del Presidente. Nonostante la presidenza della repubblica sia l’istituzione più amata e legittimata dagli italiani, vi sono certe circostanze che sembrano metterne in dubbio il comune riconoscimento. È ormai prassi consolidata, ad esempio, che contemporaneamente al tradizionale discorso di fine anno del presidente, altri personaggi politici tengano le proprie arringhe spesso incarnando una vera e propria nemesi rispetto alle istituzioni tradizionali. È, fra gli altri, il caso del “contro-discorso” del leader 5 stelle, Beppe Grillo, tenuto da qualche anno in contemporanea ed in alternativa a quello del Presidente della Repubblica.
LA COSTITUZIONE GRANDE PROTAGONISTA. In un discorso incredibilmente breve, sarà che anche Mattarella si è adatto ai dialoghi mordi e fuggi delle nuove generazioni principali destinatarie del suo messaggio, durato circa 10 minuti, Sergio Mattarella ha pronunciato la parola “Costituzione” più di ogni altra. La centralità delle nostre leggi fondamentali, oggetto del recente referendum vinto dal “popolo del NO”, occupa plasticamente il centro del palcoscenico. I valori ed i diritti intramontabili che allignano tra le pagine della Costituzione sono il frutto del sacrificio di tanti giovanissimi che hanno combattuto in due guerre mondiali pur di ottenerne il riconoscimento. Un riconoscimento mai scontato che ha bisogno della devozione e della passione dei giovani per continuare a resistere al cambiamento. Non a caso Mattarella ha tracciato un parallelismo fra quelle generazioni e le attuali, ricordando loro l’importanza di onorare il sacrificio di quanti hanno perso la vita pur di garantire alle nuove leve di poter godere di diritti di libertà. Il presidente si è collegato al secondo grande tema, quello delle elezioni e dell’importanza di parteciparvi, dell’importanza di essere protagonisti del proprio futuro. Un futuro che fa rima con incertezza, così diverso dagli anni del boom economico, così come riconosciuto dal Presidente. Un’incertezza che va però affrontata di petto, cercando di dissipare paure ed esitazioni. A questo proposito viene in rilievo la missione della politica, essere guida di questo cambiamento, portare una sfida positiva e propositiva all’incertezza. In conclusione, il Presidente ha accennato al grande tema della sicurezza, uno degli argomenti principe degli ultimi anni. Mattarella ha voluto ringraziare le forze dell’ordine per la loro preziosa abnegazione nel garantire la sicurezza dei cittadini ed il rispetto delle regole del civile convivere.
UN MONDO SENZA IRONIA. Negli stessi istanti in cui il volto del Presidente Mattarella entrava nelle case degli italiani attraverso gli schermi delle TV, il leader del M5S, Beppe Grillo, faceva altrettanto dagli schermi più piccoli di PC, laptop e smartphone. Incominciando dalla scelta dello sfondo, si intuisce fin da subito l’assoluta alterità del discorso di Grillo rispetto a quello di Mattarella. È infatti un’anonima stanzetta con qualche libro a fare da sfondo al leader penta-stellato, nessuna camicia né cravatta, soltanto un maglioncino nero, molto proletario a dire il vero, ed uno sgargiante papillon argentato, un dettaglio completamente fuori posto, quasi grottesco, per non prendersi troppo sul serio, per fare un po’ di auto-ironia. Proprio l’ironia è l’ancella che apre il discorso di Grillo che parla di una parte di mondo e di Italia poco incline a non prendersi sul serio. «Un mondo senza ironia è un mondo in pericolo» afferma il leader penta-stellato, un mondo di maschere austere, senza scintille, grigio come il marmo di una lapide. All’informalità dello scenario si accoppia la solita informalità del linguaggio, a tratti un po’ scurrile, come quando Grillo utilizza il termine “diarrea culturale” per riferirsi ai propri avversari politici. È un discorso come sempre onirico, proiettato al futuro e ai giovani, forse l’unico parallelismo, questo, con le parole di Mattarella. Il mondo deve essere costruito sui giovani e per i giovani, afferma Grillo che teme una possibile asfissia gerontocratica causata dai moderni sistemi di potere. Se vogliamo, la visione di Grillo appare molto più capace di leggere la contemporaneità. Il comico di Genova parla del multiculturalismo, della generazione Erasmus, della curiosità che è vita, elemento prezioso per l’umanità. Non può mancare il riferimento all’avanzamento tecnologico ed ai pregi di chi è riuscito a racchiudere il mondo in una mano inventando smartphone e supporti digitali dello stesso tipo. Una meta-visione, insomma, che anticipa il futuro, o cerca di farlo, prima che questi arrivi dentro le nostre case. D’Altronde non è la prima volta che Grillo utilizza questi termini, definisce il 5 stelle un meta-movimento, un movimento che è già oltre se stesso, forse proiettato a quell’utopico futuro in cui la sua esistenza non sarà più necessaria essendovi subentrata la consapevolezza diffusa dei cittadini del loro ruolo e delle loro prerogative all’interno della società immaginata dal comico. Il comico riconosce e rivendica la possibilità di sbagliare. L’errore è insito nel nostro essere umani, l’importante è commetterlo in buona fede. Grillo chiude il suo discorso parlando dell’importanza delle informazioni nel mondo del web. Ogni dato messo in rete potrebbe essere potenzialmente utile a controllare ogni nostro minimo spostamento, forse anche il nostro pensiero.