Se un tempo dall’arrotino al falegname, dal cordaio al lattaio per spostarsi utilizzavano la bicicletta, portandosi dietro tutti gli attrezzi del mestiere, possiamo farlo anche noi per raggiungere i nostri uffici. Molti già lo fanno, ma la strada da percorrere, in bicicletta, è ancora lunga. Le nostre città e le nostre vite soffocano nel traffico, trascorriamo gran parte della giornata bloccati alla guida, i livelli di inquinamento sono cronicamente al di sopra dei limiti consentiti, eppure l’idea di lasciare l’auto in garage e rimettere a nuovo la nostra bicicletta non ci sfiora neanche lontanamente. «Le biciclette permettono di spostarsi più velocemente senza assorbire quantità significative di spazio, energia o tempo scarseggianti». Lo sapeva Ivan Illich, che nel 1973 scriveva un “Elogio della bicicletta” (Energia ed equità), e lo sanno bene anche molte città che investono nella mobilità sostenibile.
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BIKE SHARING. Prima su tutte Copenaghen. Vuoi per senso civico, o per una visione politica attenta alla sostenibilità, il 62% della popolazione usa le due ruote per spostarsi in città. Dalla Danimarca dove nel 1995 si ha il primo esperimento riuscito di bike sharing, l’uso condiviso della bicicletta ha trovato terreno fertile nel resto d’Europa. Dieci anni dopo nacque il sistema di bike sharing “Velo’v” a Lione, con 1500 biciclette messe subito a disposizione dei cittadini, seguito due anni dopo da “Velib” a Parigi, e tre anni dopo, nel 2008, da “BikeMi” a Milano. Le stazioni dove collocare le biciclette da condividere sono spuntate in tante città italiane: da Firenze a Roma, da Torino a Genova, da Salerno a Palermo. Accanto al bike sharing tradizionale si va diffondendo “free floating”: gli utenti prendono le bici, le usano e le lasciano in qualsiasi luogo della città. Il modello delle start up cinesi Ofo, Mobike, oBike e Gobee Bike, presenti in Italia dalla scorsa estate, è molto simile a quello del car sharing. Grazie ad una apposita app si individua una bici nelle vicinanze e si prenota. Una volta raggiunta la meta la bicicletta viene lasciata per strada, senza bisogno di tornare alle colonnine, e gestita attraverso una serie di lucchetti smart dotati di GPS e connettività wireless. Questo meccanismo, però,apre ad infiniti atti di vandalismo. C’è chi cerca di rubarle, chi le butta a terra senza preoccuparsi di creare possibili danni e chi si diverte con il parcheggio creativo. Diversi episodi di questo genere hanno portato la Gobee Bike a rinunciare all’Italia e all’Europa.
MOBILITÀ CICLISTICA. Ma sempre di più si sta affermando la bicicletta come mezzo alternativo alla macchina nelle aree urbane, e da sempre è un grande richiamo per appassionati di sport, vita all’aria aperta e cicloturismo. Qualche segnale di interessamento dalla politica è arrivato con la legge sulla mobilità ciclistica, che rende obbligatori i finanziamenti per le ciclovie nazionali e gli itinerari urbani. La legge 2/2018, approvata il 22 dicembre scorso dal Senato, prevede che il Ministero delle Infrastrutture entro sei mesi dall’entrata in vigore prepari un piano triennale della mobilità ciclistica. A cascata, anche le Regioni e i Comuni dovranno dotarsi del loro piano. La legge parte con un budget complessivo di 500 milioni spalmati in sei anni dal 2016. In particolare, le amministrazioni devono mettere in atto strumenti urbanistici per realizzare le velostazioni, installare portabiciclette a sbalzo sugli autobus e approvare regolamenti edilizi che consentano il parcheggio delle bici negli spazi condominiali. Inoltre, la legge prevede che siano individuate e realizzate le ciclovie di interesse nazionale che costituiranno la rete ciclabile nazionale ‘Bicitalia’, non inferiore a 20 mila chilometri, integrata al sistema europeo ‘EuroVelo’.
I BENEFICI DELLA BICICLETTA. Si apre, dunque, anche per l’Italia un nuovo capitolo all’insegna dell’evoluzione, o forse rivoluzione, nell’intendere i trasporti. E la bicicletta si candida, dunque, ad essere il nuovo motore degli spostamenti, del turismo e dell’economia. Può sembrare una contraddizione ma non è così se si considera che l’Italia è il primo produttore di bici d’Europa, con un giro di affari che supera il miliardo di euro tra produzione industriale, componentistica e riparazioni, con decine di migliaia di addetti. E anche le esportazioni vanno bene: i mezzi a due ruote uscite dai nostri confini sono state 2.339.000, che valgono il 18% della produzione europea, secondo dati della Confederation of the European Bicycle Industry (CONEBI). Notizie incoraggianti arrivano anche dal mercato delle bici elettriche. Secondo i dati rilasciati da Confindustria Ancma (Associazione Nazionale Ciclo Motocicli Accessori), nel 2016 sono state vendute oltre 124 mila biciclette a pedalata assistita, con un incremento del 120% rispetto all’anno precedente. E poi andare in bici fa bene alla salute. I dati pubblicati nei giorni scorsi dall’Organizzazione mondiale della Sanità, secondi cui nel mondo l’81% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni pratica “insufficiente” attività fisica, avvertono come lo scarso movimento determini un maggior rischio di morte del 20-30%, oltre ad essere un fattore chiave per l’insorgenza di malattie cardiovascolari, diabete e cancro. Tra le varie politiche proposte dall’Oms per ridurre del 10% la percentuale di persone inattive fisicamente entro il 2025 anche quello di favorire “forme attive di trasporto” nelle città come le biciclette.