Non si tratta dell’obbligo per gli Stati membri di autorizzare i matrimoni delle “coppie arcobaleno”, questo è giusto chiarirlo. La recente sentenza della Corte di Giustizia Europea sancisce tuttavia che la parola “coniuge” può identificare anche una persona dello stesso sesso in relazione al diritto di libera circolazione, pilastro fondamentale della cittadinanza europea. Un ulteriore esempio di come il fenomeno della “costituzionalizzazione del diritto internazionale” stia influenzando i sistemi giuridici nazionali sempre più subalterni, almeno nel nostro continente, alle fonti normative di rango comunitario.
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L’AMORE NON HA CONFINI. La sentenza della corte Ue sembra essere cascata a fagiolo dopo le recenti dichiarazioni del ministro per la famiglia, Lorenzo Fontana, sulla presunta non esistenza delle famiglie formate da persone dello stesso sesso. L’Unione Europea ha ribadito in maniera autorevole e rispettosa che all’amore non possono essere date etichette ed in particolare, grazie alla Corte, a nessun Stato membro sarà più possibile ostacolare la libertà di soggiorno di un cittadino dell’Unione rifiutando di concedere al coniuge dello stesso sesso, cittadino di un paese non Ue, un diritto di soggiorno derivato sul loro territorio. Il caso era stato sollevato davanti alla corte del Lussemburgo da Robert Clabourn Hamilton e Relu Adrian Coman a causa del rifiuto da parte della Romania di concedere un permesso di soggiorno ad Hamilton per stare insieme al proprio compagno. La legislazione nazionale rumena non riconosce come “coniugi” le persone dello stesso sesso e da qui il rifiuto rispetto alla richiesta di Hamilton. Nelle motivazioni della sentenza si legge che “la nozione di ‘coniuge’ che designa una persona unita ad un’altra da vincolo matrimoniale è neutra dal punto di vista del genere e può comprendere quindi il coniuge dello stesso sesso”. Fra l’altro c’era già stato un precedente del genere proprio in Italia. Nel 2012, il Tribunale di Reggio Emilia aveva infatti riconosciuto il permesso di soggiorno a un giovane uruguayano sposato con un italiano in Spagna, proprio appellandosi alla libera circolazione dei cittadini europei e dei loro familiari.
LA LEGGE CIRINNÀ. In Italia i diritti delle coppie omosessuali sono stati riconosciuti dopo un lungo dibattito parlamentare che ha partorito la L. 76/2016, detta “Cirinnà” dal nome della sua relatrice. È una legge che estende le norme del codice civile relative alla reversibilità della pensione o al reciproco dovere di solidarietà morale e materiale anche alle coppie dello stesso sesso. Non è invece previsto l’obbligo di fedeltà, punto che ha scatenato una ridda di polemiche contro l’ala cattolica dei Dem protagonista anche della scomparsa della “stepchild adoption”, la possibilità di adozione per le coppie omosessuali. Gli aspetti patrimoniali dell’unione civile sono invece disciplinati da un “contratto di convivenza”.