Il Parlamento inglese ha bocciato, con 432 voti contrari, l’accordo negoziato da Theresa May con Bruxelles per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. È la sconfitta più grande della storia del inglese. Il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn, ha annunciato che presenterà la mozione di sfiducia contro la premier, e Theresa May è pronta ad affrontarla, di nuovo. Ma la domanda che sorge spontanea è: dopo il no del Parlamento cosa succederà?
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Se il governo May dovesse cadere in seguito al voto di sfiducia ci sarebbero due alternative. La prima è la formazione di un nuovo governo che si troverebbe con tutte le difficoltà dell’attuale governo May e le stesse complicate scelte da fare. La seconda alternativa scatta se entro 14 giorni nessun governo dovesse ricevere un voto di fiducia. In quel caso il Parlamento verrebbe sciolto e verrebbero indette nuove elezioni. In questa seconda circostanza, per evitare un’uscita dall’Unione senza accordo, sarebbe necessario chiedere all’Unione Europea un rinvio della scadenza dell’articolo 50, fissata per il 29 marzo. I leader europei, previdenti, hanno già mostrato di essere disponibili a fare questa concessione. E tornerebbe in auge anche l’ipotesi di un nuovo referendum. Fra i sostenitori sia esponenti conservatori che laburisti, ma per il momento sembra difficile che si trovi una maggioranza di consensi fra i deputati. Molti fanno notare che si tratterebbe di un tradimento della democrazia, visto che il popolo si è già espresso nel 2016 e un nuovo voto non farebbe che esacerbare le divisioni nel Paese.
Al momento May ha buone possibilità di superare il voto di fiducia. I suoi alleati chiave, i nordirlandesi del Dup, hanno già detto che la sosterranno anche se hanno votato “no” all’accordo. La premier inglese non si è mostrata affatto spaventata. Se avesse ragione e rimanesse in carica, ha già annunciato che riaprirebbe gli incontri con deputati e parlamentari per trovare una soluzione che non scontenti nessuno. E per nessuno, si intende anche l’Unione Europea, sebbene i commissari Juncker e Dombrovskis abbiano detto forte e chiaro che non sono possibili ulteriori negoziazioni. Questo aprirebbe la strada all’opzione «no deal», che terrorizza quasi tutti i deputati. Sarebbe una catastrofe: uscire dall’Unione Europea senza garanzie e accordi per tutelare i commerci, i cittadini europei residenti e non in Gran Bretagna, i legami commerciali ed economici con gli altri paesi. La paura per un «no deal», paradossalmente, è forse l’unico elemento di coesione.