A circa due settimane dalla scadenza ufficiale della Brexit, prevista per il 31 ottobre, finalmente il governo conservatore di Boris Johnson ha trovato un accordo con l’Unione europea. L’accordo, che prevede la ridefinizione del backstop, arriva dopo tre anni di negoziati dal referendum del giugno 2016 e tre intese bocciate dal Parlamento britannico. «Abbiamo un nuovo grande accordo che riprende il controllo: ora il Parlamento dovrebbe concludere la Brexit sabato, così possiamo passare ad altre priorità come il costo della vita, il servizio sanitario nazionale, i crimini violenti e il nostro ambiente», ha detto Johnson. Secondo il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, si tratta di un’intesa «equa e equilibrata».
🇪🇺🤝🇬🇧 Where there is a will, there is a #deal – we have one! It’s a fair and balanced agreement for the EU and the UK and it is testament to our commitment to find solutions. I recommend that #EUCO endorses this deal. pic.twitter.com/7AfKyCZ6k9
— Jean-Claude Juncker (@JunckerEU) October 17, 2019
L’accordo adesso sarà sottoposto al Consiglio Europeo, l’organo dell’Unione Europea che raduna i capi di stato e di governo dell’Unione. Se il Consiglio lo approverà, il testo passerà poi al Parlamento britannico e al Parlamento Europeo, che dovranno esaminarlo nei prossimi giorni. Se tutto filerà liscio, quindi, il Regno Unito uscirà dall’Unione Europea il 31 ottobre. Non è ancora chiaro invece se il premier Johnson potrà ottenere una maggioranza a Westminster. L’accordo di divorzio negoziato dal governo May fu bocciato tre volte negli scorsi mesi. Un ruolo cruciale è giocato dal Democratic Unionist Party, ma Johnson deve superare anche le riserve di molti tra gli stessi conservatori e dei laburisti.
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Il nodo fondamentale è il “backstop”. L’accordo negoziato da May – bocciato tre volte del parlamento di Westminster – prevedeva la permanenza del Regno Unito nell’unione doganale con l’Unione europea nel periodo di transizione, ovvero finché le due parti non avessero concordato un nuovo accordo commerciale. Una prospettiva che non piaceva affatto ai puristi della Brexit, che vorrebbero un taglio netto con l’Unione europea. L’altro scenario da evitare era il ritorno a un confine duro tra «le due irlande». La soluzione proposta da Boris Johnson è di mantenere l’Irlanda del Nord nel territorio doganale del Regno Unito, al tempo stesso garantendo l’accesso europeo al mercato nord irlandese. Non sono previsti dazi aggiuntivi per le merci in entrata nell’Irlanda del Nord da altre parti del Regno Unito, che saranno quindi i medesimi del Regno Unito. La conseguenza di questa ambiguità è che ci saranno dei controlli, presumibilmente nel mare di Irlanda: i dazi britannici saranno applicati a tutti i prodotti che non «corrono il rischio di essere commerciati nell’UE», che cioè resteranno nell’Irlanda del Nord, mentre per tutti gli altri prodotti verranno applicati i dazi europei.
Sciolto anche il nodo del «consent», il meccanismo sul «consenso», che darà ai membri dell’Assemblea dell’Irlanda del Nord la facoltà di esprimersi sull’applicazione a lungo termine della normativa dell’Ue nell’Irlanda del Nord: quattro anni dopo la Brexit (dopo il termine del periodo di transizione, previsto per fine 2020 ma in base ad accordo congiunto potrebbe prolungarsi fino a due anni), l’Assemblea nordirlandese potrà decidere a maggioranza semplice se applicare le regole Ue nel suo territorio oppure no.