Nessun rimpianto, nessun consiglio. Nella sua ultima conferenza stampa dopo 8 anni da presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi ha tratteggiato un breve bilancio della sua presidenza: «Ho sempre cercato di rispettare il mio mandato, senza mai arrendermi. È stata un’esperienza intensa, profonda e affascinante». «Non ho rimpianti, non puoi cambiare la storia a meno che tu non sia uno storico», ha tagliato corto, invece, rispondendo a chi gli chiedeva se avesse qualche rimpianto rispetto a quanto fatto nel corso del proprio mandato. Nei confronti di Christine Lagarde, che dal 1° novembre gli succederà alla guida della Bce, ha chiarito: «Non servono consigli, sa perfettamente cosa fare e ha molto tempo davanti a sé».
Nel suo intervento Mario Draghi ha rimarcato come per lo scenario economico dell’Eurozona «i rischi restano al ribasso», riferendosi in particolare a fattori geopolitici: dazi, vulnerabilità dei mercati emergenti. Il presidente Bce ha difeso fino all’ultimo i tassi negativi, uno dei punti più controversi delle politiche della Banca Centrale degli ultimi anni: «Il giudizio complessivo sui tassi negativi è positivo. I miglioramenti dell’economia hanno più che bilanciato gli effetti indesiderati negativi».
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Mario Draghi ha anche difeso l’ultimo pacchetto di misure annunciato il mese scorso che, oltre a un nuovo taglio del tasso sui depositi, comprende la ripresa del Quantitative Easing, molto criticata dai governatori del Nord Europa e anche da alcuni ex banchieri centrali. «Il Consiglio direttivo ha stabilito di riprendere gli acquisti netti nell’ambito del suo programma di acquisto di attività a un ritmo mensile di 20 miliardi di euro a partire dal 10 novembre. Ci attendiamo che proseguiranno finché necessario a rafforzare l’impatto di accomodamento dei nostri tassi di riferimento e che termineranno poco prima che inizieremo a innalzare i tassi di riferimento». Le riserve espresse da alcuni membri del consiglio direttivo riguardo al pacchetto di settembre, secondo Mario Draghi, non intaccano la sua «eredità» da presidente della Banca centrale europea. «Francamente la risposta è no», ha spiegato in conferenza stampa. «Abbiamo discussioni, tutti hanno discussioni, tutte giurisdizioni hanno disaccordi quando discutono di politiche monetarie – ha aggiunto – non è stata la prima volta, lo prendo come una parte del dibattito».
Nel commentare il suo stato d’animo nel momento in cui sta per la lasciare la guida della Bce, Draghi è stato misurato. «Come mi sento? mi sento come qualcuno che ha cercato di rispettare il mandato nel miglior modo possibile». Quanto al suo futuro professionale e ai rumor che lo danno tra i papabili per la presidenza della Repubblica italiana nel 2022, Draghi ha continuato a glissare limitandosi a rispondere: «Non so. Chiedete a mia moglie, ne sa più lei». Nei mesi scorsi si era parlato della possibilità di uno scambio di poltrone con Christine Lagarde, che gli succederà al vertice della Bce il 1° novembre. L’ipotesi è poi rientrata anche per ragioni anagrafiche, visto che le regole di Fmi prevedono che i candidati alla direzione abbiano meno di 65 anni.