Mario Draghi lascia in eredità a Christine Lagarde, che ne prenderà il posto a novembre, un pacchetto di stimoli molto corposo per rilanciare l’economia dell’Eurozona e tutelare i titoli sovrani dei singoli paesi sui mercati. La Banca Centrale Europea ha annunciato che a partire dal prossimo primo novembre ricomincerà il Quantitative Easing, il programma straordinario di acquisto di titoli che Draghi aveva sospeso lo scorso dicembre. La nuova misura porterà all’acquisto di 20 miliardi di euro di titoli al mese e durerà «fino a che sarà necessario», ha scritto la Bce in un comunicato. Allo stesso tempo, la Bce ha previsto un ulteriore taglio ai tassi di deposito, che scendono a -0,50% dall’attuale -0,40%. Invariati invece il tasso chiave, a zero, e il tasso di rifinanziamento marginale, allo 0,25%.
L’allentamento quantitativo, più conosciuto con la locuzione inglese Quantitative Easing, è un insieme di strumenti che le banche centrali utilizzano per intervenire nel sistema economico e, in generale, aumentare il quantitativo di moneta in circolazione. Negli ultimi anni è stato il cavallo di battaglia di Mario Draghi: il banchiere italiano ha, dal 2015, fatto ricorso a questa misura per dare una spinta alla ripresa economica dell’Eurozona. E ancora una volta lo scopo del pacchetto di misure annunciato da Draghi è quello di contrastare sia l’imminente recessione che potrebbe colpire l’Europa già alla fine di quest’anno, sia l’inflazione che da anni è stabilmente molto bassa e piuttosto lontana dal tasso obiettivo fissato dalla Bce. «Le decisioni di oggi riflettono un’inflazione che continua ad essere al di sotto dell’obiettivo del 2% e le informazioni in arrivo indicano una debolezza dell’economia dell’Eurozona più protratta, importanti rischi al ribasso e un’inflazione debole», ha spiegato Draghi in conferenza stampa. «Il pil dell’Eurozona è salito dello 0,2% nel secondo trimestre e i dati in arrivo continuano a indicare una crescita positiva ma in rallentamento».
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E nel frattempo lancia un messaggio ai leader europei: la politica monetaria da sola è insufficiente per far ripartire l’inflazione e la crescita dell’Eurozona e «la politica fiscale dovrebbe diventare lo strumento principale per aumentare domanda e avere un ruolo molto più attivo». Tradotto: i governi che hanno la possibilità di varare interventi espansivi ,leggi investimenti o tagli alle tasse, devono farlo il prima possibile. Chiaro il riferimento alla situazione della Germania, dove lo spazio fiscale abbonda ma l’esecutivo continua ad essere restio alla prospettiva di spendere in deficit.