Di una cosa bisogna dare atto a Matteo Renzi: è riuscito a riportare indietro il dibattito politico ad argomenti vecchi di venticinque anni. Prima che il premier Giuseppe Conte ne parlasse asserendo «lo valuterò senza pregiudizi», era stato il leader di Italia Viva a rilanciare l’idea del Ponte sullo Stretto di Messina. Ci aveva già provato, senza successo, durante il suo governo. E ci riprova adesso: «Per vincere la sfida della povertà serve più il ponte sullo Stretto che il reddito di emergenza», ha scritto Renzi nella sua ultima fatica editoriale.
La voglia di annunciare la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria conquista chiunque. Premier e governanti di ogni rango e colore politico, da Craxi a Renzi, hanno utilizzato il Ponte sullo Stretto come strumento di propaganda elettorale. Rimasta più o meno allo stato progettuale, l’opera è già costata 350 milioni di euro.
Se ne parla per la prima volta nel 1866 con l’allora ministro Per i Lavori Pubblici Jaccini che diede l’incarico all’ingegnere Alfredo Cottrau di studiare il progetto di un ponte tra Sicilia e Calabria. Dopo un secolo di progettazioni e studi ingegneristici è Bettino Craxi per primo a dare una data certa sulla realizzazione dell’opera: «Entro il 1994 il ponte sarà ultimato». Viene presentato Il “progetto di massima definitivo” con le relazioni tecniche, le previsioni di spesa, la valutazione di impatto ambientale. Poi arriva Tangentopoli e il progetto finisce in un cassetto.
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A tirarlo fuori è Silvio Berlusconi nel 2001 in piena campagna elettorale. Il Cipe approva il progetto preliminare che nel frattempo è stato modificato. Il Ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, nel giugno del 2002, confermava: «Il ponte sullo stretto questa volta si farà, lo garantiamo». Ma ancora una volta nulla di fatto. Arriva al governo Romano Prodi che vorrebbe annullare il contratto a Impregilo, ma lo fermano il centrodestra e l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, preoccupato dalle penali che lo Stato avrebbe dovuto pagare. In questo modo, però, Silvio avrà terreno fertile quando, nel 2008, tornerà al Governo. È un escalation di proclami. Il nuovo Ministro dei Trasporti Altero Matteoli non vuole essere da meno del predecessore Lunardi, tanto che nel 2009 annuncia: «I lavori inizieranno a dicembre e termineranno nel 2016».
Cambiano premier, governi, parlamenti, ma il Ponte è lì, sempre pronto per essere costruito. Anche stavolta, però, il ponte non s’ha da fare. Arriva il Governo Monti, che di ponti non ne vuole sapere e stanzia 300 milioni per il pagamento delle penali per la non realizzazione dell’opera. Nel 2013 decadono i termini dell’appalto. Sembra tutto finito, ma poi arriva Matteo Renzi che nel 2016 lo inserisce tra le priorità di un governo affamato di consensi in vista della campagna referendaria costituzionale.
Ed ecco che adesso l’idea della grande opera accarezza anche l’attuale premier Giuseppe Conte, che per assecondare una parte della maggioranza, Italia viva e Partito democratico, si lancia in una sua dichiarazione: «Mi siederò al tavolo e senza pregiudizi valuterò anche il Ponte sullo Stretto».