Aveva compiuto 100 anni solo 9 giorni fa, il 31 luglio. In quella occasione tutta l’Italia aveva festeggiato la sua straordinaria carriera, la sua ironia e intelligenza. Franca Valeri è morta nella sua casa di Roma: «Si è spenta serenamente, nel sonno», ha fatto sapere la figlia Stefania Bonfadelli, raccontando come l’ironia abbia accompagnato la madre fino all’ultimo, «è stata la sua chiave di vita fino alla fine». È stata autrice, conduttrice, attrice di teatro e di cinema, personaggio tv e anche regista: una delle artiste più complete dal secondo dopoguerra a oggi.
Nata a Milano come Alma Franca Maria Norsa, in una famiglia di origine ebraica, si avvicina al teatro da piccola, folgorata dall’opera lirica. Dopo il periodo buio della guerra e delle leggi razziali, nel 1949 esordisce nella compagnia del Teatro dei Gobbi. Frequenta la Scala assiduamente e conosce Maria Callas. Il nome d’arte lo prende in prestito da Paul Valery: il padre non voleva che il cognome ‘Norsa’ comparisse in locandina. Poi arrivano il grande e il piccolo schermo. Diventa la protagonista indiscussa del varietà italiano: la sua verve comica le permette di passare con disinvoltura dal teatro al cinema, dalla radio all’opera, dai libri alla tv. Quando sembra che nella sua carriera ormai ha fatto tutto e sperimentato tutto, torna al suo primo amore, l’opera, curando regie importanti.
Mentre tutti la ricordavano ancora come la Signorina Snob o la Sora Cecioni, figure divenute icone popolari di strepitoso successo, amava sottolineare come a un certo punto avessero «riconosciuto Franca Valeri come scrittrice e autrice di vari libri e commedie» e non più solo come attrice comica tv. La sua carriera si divide agli inizi, prima che arrivi l’impegno con la musica e la lirica, tra teatro e cinema, che la rende nota con i vari film di Caprioli (da “Leoni al sole” a “Parigi o cara”) e in particolare con “Il segno di Venere” del 1955 di Dino Risi, in cui sfoggia tutta la sua grinta teatrale, duettando con l’antagonista Alberto Sordi e senza farsi mettere in ombra da Sophia Loren. Ma a farle guadagnare un posto nell’eden dei caratteristi italiani è la straordinaria prova al fianco sempre di Sordi ne “Il vedovo” (1959).
La popolarità arriva con la radio e poi la tv dove divenne una delle attrazioni dei varietà firmati da Antonello Falqui. È l’epoca della romana Sora Cecioni, pigra e di cattivo gusto nella sua irruenza, assieme alla più sofisticata e milanese Signorina Snob. Negli anni Settenta comincia a scrivere e interpretare commedie proprie cui tiene moltissimo, da “Lina e il cavaliere” a “Meno storie” o “Tosca e altre due” (divenuta anche film nel 2003) e “La vedova Socrate” sino a “Non tutto risolto” del 2011 e “Il cambio dei cavalli” del 2014 che la vedono in scena sino a 94 anni nonostante la lotta col male, il morbo di Parkinson, che già la affliggeva.