Essere cittadini. Essere ‘umani’. Parole che sembrano avere sempre meno valore nel nostro gergo ma anche nei nostri atteggiamenti quotidiani. ‘Umani’ come parte di una ‘comunità di eguali, che prende forma e si riconosce in un spazio pubblico’ (p. 102). A ricordarci il valore di queste parole è Tommaso Montanari in Chiese chiuse. Perché entrare in una chiesa? Certo per pregare, ma non solo.
Le chiese non sono solo luoghi religiosi ma anche e soprattutto spazi pubblici, in cui ‘non siamo né fedeli, né lavoratori, né clienti e consumatori, né pubblico pagante. Piazze, palazzi pubblici, parchi, coste e montagne: e in Italia, sì, anche antiche chiese aperte a tutti (p. 102)’. È per questo che le nostre chiese vanno difese, con le opere d’arte che custodiscono, e che giorno in giorno invece sono sottoposte in una sorta di industria del sacrilegio, a un vero e proprio saccheggio. Ciò è possibile, spiega lo storico in questo libro di grande passione civile, per tanti motivi. In primis per una verità incontrovertibile che aveva già denunciato Leonardo Sciascia nel lontano 1969 (p. 23):
[…] L’Italia è il paese dell’arte ma le opere d’arte che vadano in malora. Ancora una volta dobbiamo amaramente constatare che questo non è un paese civile, non lo è nelle baracche dei terremotati e dei migranti, a Montevago come nella periferia torinese e non lo è nella conservazione delle opere d’arte e delle testimonianze storiche […]
Da quando Sciascia scriveva queste riflessioni ne è passata di acqua sotto i ponti. Oggi viviamo in un paese molto diverso per tanti aspetti, ma alcuni mali restano e si sono anche incancreniti. I media, altri responsabili contro cui lo studioso lancia il suo j’accuse, martellano i cittadini con un marketing che li porta nelle mostre a pagamento. Ciò è finalizzato solo ad alimentare ‘una macchina da soldi che li vuole clienti, non cittadini’ (p.25).
Quelle di Montanari sono parole dure ma anche profondamente vere. Ci mettono dinanzi a una realtà drammatica ma ci mostrano anche ciò che bisognerebbe fare e invece non viene fatto, cioè dovremmo investire nella tutela pubblica (p.24):
[…] Bisognerebbe fare esattamente il contrario: non vagheggiare speculatori privati, e non gettare soldi ed energie nel pozzo sterile degli eventi. Ma investire nella tutela pubblica: quella che ci ha permesso di avere ancora i Guercino nelle chiese, e che i governi degli ultimi trent’anni hanno invece smantellato con pervicacia bipartisan. […]
Montanari in quasi 150 pagine, in un pamphlet intenso, ampiamente documentato, ci mostra una realtà drammatica, rispetto a cui si fa poco o nulla. Il nostro patrimonio non è al sicuro quando è chiuso, e se i cittadini non lo conoscono. Al contrario per metterlo in sicurezza è necessario che sia ‘frequentato’, noto, amato, conosciuto’. Ci vuole insomma più apertura, più senso della cittadinanza, più valore del pubblico, meno privati, meno marketing. Ci vuole – mi sembra di leggere nei 9 appassionati capitoli che compongono questo scritto – più capacità di dialogare anche con la nostra tradizione, con quella laica ma anche quella cattolica. È proprio quest’ultima che ci insegna il valore dell’apertura a tutti, indipendentemente dalla confessione religiosa. Per questo motivo tutti noi dovremmo batterci per la tutela delle nostre chiese, perché siano non chiuse ma aperte. A tutti.