Il premier Mario Draghi indica all’Europa la necessità di un cambio di passo sui vaccini. Durante la discussione dei leader Ue nel vertice in videoconferenza, il premier ha rilevato che per rallentare la corsa delle mutazioni occorre accelerare sui vaccini. Spingendo sulla produzione «in house». E anche adottando forme di tutela come il divieto di esportarli al di fuori del territorio comunitario, se le dosi destinate agli Stati membri scarseggiano.
Il ritardo è comune a quasi tutti i 27 Paesi ed è dovuto anche alle inadempienze delle aziende produttrici dei vaccini, che ad oggi hanno consegnato un numero di dosi molto inferiore rispetto ai quantitativi pattuiti. Draghi avrebbe invitato i suoi omologhi a non scusare le aziende che hanno disatteso gli accordi. Richiamando gli esempi di Regno Unito e Stati Uniti, che trattengono sul territorio i vaccini, il capo del governo avrebbe suggerito all’Europa di fare altrettanto, invitando anche a guardare ad altre produzioni al di fuori dell’Ue. È questa la linea dettata dal premier italiano al Consiglio Ue in corso in queste ore e condivisa da gran parte dei leader, riuniti per due giorni in videoconferenza per provare a stabilire una strategia comune nella lotta alla pandemia.
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Anche il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ha rimarcato la necessità di intensificare gli sforzi per un’azione condivisa, soprattutto in funzione dell’aumento della produzione di vaccini, quelli esistenti e quelli futuri, nel territorio comunitario. «Non abbiamo altra scelta — ha sottolineato Sassoli — è la sola chiave per realizzare l’obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione adulta entro l’estate». Un traguardo che, con i tagli alle forniture da parte delle compagnie farmaceutiche, rischia di essere più ambizioso del previsto, ma che potrebbe essere perseguito con un pressing sulle stesse aziende affinché, oltre a rispettare i contratti già sottoscritti, concedano le licenze per una produzione più diffusa.