«La pandemia e il piano di rilancio e resilienza richiedono nuove professionalità e nuove forme di lavoro. Nuove professionalità richiedono investimenti e nuove regole». Sono le parole con cui il premier Mario Draghi, nella sala verde di Palazzo Chigi, ha introdotto la firma del “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”. Un patto firmato dal ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil che prevede il rinnovo del contratto (con 107 euro in più) e l’individuazione di una disciplina del lavoro agile per via contrattuale.
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L’accordo prevede un nuovo sistema contrattuale che si avvicina a quello privatistico, dalla detassazione del salario accessorio al diritto permanente alla formazione. La riforma dovrà muoversi su due direttive: investimenti in connettività con anche la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini, che finalmente si “parlino”, permettendo ai cittadini di non dover ogni volta fornire gli stessi documenti che già si sono dati in precedenza, e aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche «selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro, senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati».
C’è poi un ampio capitolo dedicato ai rinnovi contrattuali. Rinnovi interessano 3,2 milioni di dipendenti pubblici per un aumento medio di circa 107 euro. Con l’importante novità che saltano i limiti indicati nel 2017 ai premi di produttività nella Pubblica amministrazione. Nei futuri contratti collettivi nazionali del pubblico impiego, inoltre, sarà definita una disciplina normativa ed economica del lavoro agile (smart working) che superi l’attuale assetto emergenziale garantendo condizioni di lavoro trasparenti e conciliando le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con quelle delle pubbliche amministrazioni.
Attraverso i contratti del 2019-2021 si provvederà alla successiva rivisitazione degli ordinamenti professionali del personale, adeguando la disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze. E saranno disegnate politiche formative di ampio respiro, con particolare riferimento alle competenze informatiche e digitali e a specifiche competenze avanzate di carattere professionale. Sarà infine valorizzato il ruolo della contrattazione integrativa e saranno implementati gli istituti di welfare contrattuale, anche con riferimento al sostegno alla genitorialità e all’estensione al pubblico impiego delle agevolazioni fiscali già riconosciute al settore privato per la previdenza complementare e i sistemi di premialità.
C’è un altro aspetto su cui Draghi ha insistito molto: la formazione. «Oggi — ha sottolineato il premier — si spendono ben 48 euro a persona per la formazione del settore pubblico: ho detto ben ironicamente. E un solo giorno è destinato alla formazione del personale pubblico. In questa situazione dobbiamo considerare due eventi. Primo: la pandemia ci ha fatto riflettere su tanti aspetti del nostro modo di vivere, ma certamente ci ha rivelato la centralità del settore pubblico nel proteggere il nostro modo di vita. Nel proteggere la qualità della nostra vita. Il secondo è il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Questi eventi richiedono nuove professionalità, investimenti in formazione e nuove forme di lavoro. Se pensiamo allo sviluppo del lavoro in smart working, vediamo come è cambiato il nostro modo di lavorare; nuove professionalità richiedono investimenti e nuove regole. Questo è il percorso che stiamo iniziando oggi. Il patto è sicuramente un evento di grande importanza per il metodo, per il contenuto, per questa relazione di dialogo che c’è. Ma è, ricordiamocelo, il primo passo. Molto, se non quasi tutto, resta da fare».