«Poporoppopopopo», l’ormai mitico coro dal brano Seven nation army dei White stripes che aveva accompagnato gli Azzurri nella Nazionale italiana alla vittoria dei Mondiali di calcio in Germania nel 2006 è stato intonato sabato notte dai Måneskin. Campioni d’Europa sotto il cielo di Rotterdam. Una vittoria che speriamo sia di buon augurio per il team di Mancini a Euro2020.
All’Eurovision song contest, la vittoria l’Italia l’annusava da diverso tempo: c’era andata vicina con Francesco Gabbani, Il Volo, Mahmood. Per afferrarla ha però dovuto fare uno scatto rock. Ha aspettato 31 anni, in un rapporto d’amore contrastato con la manifestazione, per tornare sul gradino più alto del podio. C’erano riusciti una giovanissima Gigliola Cinquetti nel 1964 con Non ho l’età (per amarti) e un più navigato Totò Cutugno nel 1990 con Insieme: 1992.
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Certo, dal cantore dell’italianità ai Måneskin il balzo è davvero lungo. E non temporale, ma culturale. Il Paese simbolo della melodia e della canzone d’amore è diventato l’alfiere del rock trasgressivo e provocatorio con Zitti e buoni, il brano con cui la band romana, che fino a quattro anni fa aveva per palco Via del Corso, ha conquistato in marzo Sanremo e sabato notte Rotterdam. “Rock’n’roll will never die, il rock and roll non morirà mai”, ha urlato il cantante Damiano David dopo la vittoria, prima di eseguire il brano nella versione non censurata e di baciare sulle labbra i compagni d’avventura Ethan e Thomas. «Vincere il Festival e fare il bis qui con un brano con questo tipo di sonorità è la dimostrazione che si possono coltivare i sogni», commenta la bassista Victoria De Angelis, per metà danese. Da una sua idea è nato il nome Måneskin, scritto con la å con anello sopra introvabile nella tastiera italiana: è una parola danese che significa “chiaro di luna”.
E fa un bell’effetto vedere l’Italia prima e la Gran Bretagna ultima. Zero voti per la patria dei Beatles e dei Rolling Stones, di David Bowie e del brit-pop. Uno smacco, un’onta. Chi mai l’avrebbe potuto immaginare. Brutta la canzone pop del britannico James Newton, ma la pesante punizione forse è più legata alla Brexit, all’uscita di Londra dall’Europa. Uno schiaffo dal popolo del Vecchio Contintente.
I Måneskin hanno vinto sulla spinta del voto popolare, che si è orientato sulle band in gara. Favoriti dal televoto anche il nu-metal dei finnici Blind Channel e il combat-folk degli ucraini Go_A . I telespettatori hanno così ribaltato la classifica delineata dal voto delle giurie di qualità e che aveva ridotto la gara a un duello tra Francia e Svizzera, in effetti con le migliori canzoni in gara: Voilà di Barbara Pravi e Tout l’Universe di Gjon’s Tears. L’Italia sembrava fuori dai giochi, poi la valanga di voti dalle giurie popolari ha compiuto il miracolo atteso da oltre trent’anni.
Ai francesi, arrivati secondi, girano le palle, canterebbe Paolo Conte. E, con poca sportività, i cugini transalpini lanciano sospetti, accusando Damiano di aver sniffato cocaina durante la diretta tv (in un video lo si vede abbassarsi sul tavolino), chiedendo la squalifica dell’Italia. «Io non uso droghe. Non dite una cosa del genere. Niente cocaina», ha replicato il cantante. «Siamo davvero sotto shock in merito a quanto le persone stanno dicendo su Damiano che fa uso di droghe. Siamo contro le droghe e non abbiamo mai usato cocaina», ha fatto scudo tutta la band. «Siamo pronti a effettuare il test, perché non abbiamo nulla da nascondere. Siamo qui per suonare la nostra musica e siamo molto felici per la nostra vittoria all’Eurovision».
La vittoria dei Måneskin, come vuole il regolamento, porterà la manifestazione in Italia. Un evento, come si è potuto vedere nella diretta televisiva, che comporta un ingente impegno economico, organizzativo e tecnologico. Riuscirà la Rai ad essere all’altezza? In Viale Mazzini sono certi di sì. «Ci piacerebbe molto portare a casa il più grande evento musicale del mondo», aveva detto il vicedirettore di Rai1 Claudio Fasulo alla vigilia della finale. «Nel 2017, a Kiev, l’anno in cui Gabbani era favorito, Torino sembrava la sede adatta per ospitarlo. Ora… vedremo». L’indecente conduzione della diretta di sabato sera su Rai1 affidata a Gabriele Corsi e Cristiano Malgioglio, entrambi, tra l’altro, volti di altre reti tv, desta però molte perplessità.