È emersa una certa confusione su come debbano funzionare i controlli dei Green Pass: alcune formulazioni non troppo chiare delle leggi con cui sono stati introdotti sembravano attribuire anche ai ristoratori o ai proprietari dei locali la responsabilità di controllare i documenti di identità di chi li esibisce, per verificarne l’autenticità. Ma dopo giorni di polemiche, a chiarire la questione dei controlli è intervenuto il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese: «Nessuno pretende che gli esercenti chiedano i documenti, i ristoratori non devono fare i poliziotti e non sono tenuti a chiedere la carta di identità».
I gestori dei locali pubblici dovranno verificare che i clienti abbiano il Green pass, però non dovranno chiedere il documento di identità. I controlli sull’autenticità della certificazione verde spettano infatti alle forze dell’ordine. Questo ha fatto emergere dei dubbi sull’efficacia dello strumento del Green pass, la cui autenticità – il fatto cioè che appartenga davvero alla persona che lo esibisce – potrebbe rimanere molto spesso non verificata. Ma è un problema che si è presentato nello stesso modo in Francia, per esempio, dove è stato risolto analogamente (cioè esentando gli esercenti dai controlli sui documenti).
La questione nasce da una formulazione non molto chiara del decreto, che prevede per i commercianti l’obbligo di verificare i certificati ma non i documenti d’identità, aprendo di fatto un vuoto normativo nei controlli: si dice che gli esercenti possono (non devono) chiedere il documento. Il Corriere della Sera spiega che nel decreto non si fa cenno all’obbligo per ristoratori e titolari di bar di accertare le generalità del cliente, ma nell’applicazione per la scansione del Green Pass era contenuta un’indicazione diversa. Ovvero si ricordava che «per completare la verifica» dopo aver inquadrato il Qr Code del Certificato «è necessario confrontare i dati anagrafici con quelli di un valido documento di identità».
Il decreto entrato in vigore il 6 agosto obbliga ad avere il certificato di immunità per entrare in tutti quei luoghi a rischio assembramenti: bar e ristoranti al chiuso, cinema, teatri, sale da concerto, mostre, musei, luoghi della cultura, palestre e piscine coperte, palazzetti, stadi, impianti sportivi, centri termali. All’ingresso di tutti questi luoghi bisognerà consegnare il Green pass, ma titolari e gestori non possono e non devono chiedere il documento di identità per verificare che il certificato appartenga effettivamente a chi lo ha esibito. Il certificato, convalidato dal Qr code, contiene le generalità del portatore, dal sesso all’età anagrafica: spetterà alle forze dell’ordine — con controlli a campione — accertare che il certificato sia stato presentato dal titolare effettivo.
Il cittadino trovato in un locale pubblico senza Green pass rischia la multa da 400 a 1.000 euro. Se il Green pass è contraffatto o comunque non coincide con il documento di identità si può essere denunciati per falso. Il gestore che fa entrare un cliente senza green pass oltre alla multa, rischia la sanzione amministrativa della chiusura da 1 a 10 giorni «dopo due violazioni commesse in giornate diverse, alla terza violazione».