Sono più di 500mila le persone che hanno firmato il referendum per la legalizzazione dell’eutanasia. A fari quasi spenti, senza il sostegno dei grandi partiti, richiamando l’attenzione su un tema tanto delicato quanto difficile da maneggiare per l’opinione pubblica, il comitato promotore del referendum sull’eutanasia legale annuncia il raggiungimento della soglia delle 500mila firme necessarie affinché la Corte di Cassazione possa indirlo.
«Siamo felici di poter comunicare che sono più di 500.000 le persone che hanno firmato il referendum per la legalizzazione dell’eutanasia», annunciano Filomena Gallo e Marco Cappato, a nome del comitato promotore referendum ‘Eutanasia legale’ e dell’associazione Luca Coscioni, chiarendo che la cifra è stata comunicata al Comitato promotore da parte dei gruppi di raccolta firme ai tavoli (430.000 firme), alle quali si aggiungono oltre 70.000 firme raccolte online e un numero ancora imprecisato di firme raccolte nei Comuni.
La campagna era iniziata il 1º luglio e le 500mila firme necessarie per indire il referendum andavano raccolte entro il 30 settembre. L’associazione ha detto che entro questa data continuerà la campagna per raccogliere almeno 750mila firme, «in modo da mettere in sicurezza il risultato da ogni possibilità di errori nella raccolta, ritardi della pubblica amministrazione e difficoltà nelle operazioni di rientro dei moduli». Le firme andranno poi presentate alla Corte di Cassazione, e se questa ritenesse il quesito del referendum legittimo il voto si terrebbe nel 2022.
Il quesito referendario si pone l’obiettivo di introdurre l’eutanasia legale tramite l’abrogazione parziale dell’art. 579 del codice penale che punisce l’omicidio del consenziente. «Tecnicamente – spiegano i promotori — il quesito lascia intatte le tutele per le persone vulnerabili, i minori di 18 anni, le persone che non sono in grado di intendere e volere, quelle il cui consenso è stato estorto, e potrà introdurre nel nostro Paese il diritto all’aiuto medico alla morte volontaria. In questo modo si possono abbattere le discriminazioni oggi esistenti, consentendo la possibilità di scegliere un fine vita consapevole, controllato e sereno, anche alle persone malate che necessitano di un aiuto esterno per porre fine alle proprie sofferenze». Si è scelto di tentare la via referendaria perché «nonostante una proposta di legge di iniziativa popolare depositata nel 2013 e due richiami della Corte costituzionale, il Parlamento in tutti questi anni non è mai riuscito a discutere di eutanasia legale».
In Italia l’eutanasia attiva (tramite l’uso di un farmaco) è vietata sia nella versione diretta, in cui è il medico a somministrare il farmaco (articolo 579 del codice penale, omicidio del consenziente), sia nella versione indiretta, il medico (o chi per lui) prepara il farmaco che viene assunto in modo autonomo dalla persona (artico 580 codice penale, istigazione e aiuto al suicidio). Forme di eutanasia passiva, cioè astenendosi dall’intervenire per tenere in vita il paziente in preda alle sofferenze, sono già considerate penalmente lecite soprattutto quando l’interruzione delle cure ha come scopo di evitare l’accanimento terapeutico.
Nel 2017 una legge ha riconosciuto il valore del Testamento Biologico (Dat-Disposizioni anticipate di trattamento) e prevede che possano porre fine alle loro sofferenze solo i pazienti per cui risulti sufficiente l’interruzione delle terapie, senza che questo comporto una responsabilità civile o penale per i sanitari. Tutti gli altri, seppure in preda a dolori intollerabili e affetti da patologie irreversibili, non possono scegliere di porre fine alle sofferenze perché il nostro codice penale vieta l’omicidio del consenziente.
Nel frattempo però le azioni di disobbedienza civile di persone come Marco Cappato e Mina Welby hanno costretto giudici e politici ad affrontare l’argomento: Cappato ha fornito aiuto al suicidio a Fabiano Antoniani (dj Fabo) e con Mina Welby ha aiutato Davide Trentini, 53enne malato di sclerosi multipla da 23 anni a recarsi in Svizzera. Cappato e Welby sono poi andati ad autodenunciare subito dopo. Lo scorso aprile sono stati assolti anche in appello per il caso di Trentini. E Cappato è stato assolto anche per il suicidio assistito di dj Fabo, con la Corte Costituzionale che ha chiarito come l’aiuto al suicidio non sia punibile nel caso in cui la persona che lo richiede sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.
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Non è così ovunque: l’eutanasia è prevista in Svizzera, Belgio, Olanda, Spagna, Canada, molti Stati degli Stati Uniti e sempre più Paesi nel mondo. Per arrivare a una svolta di civiltà anche in Italia, il Comitato Promotore per il Referendum Eutanasia Legale sta raccogliendo le firme per poter promuovere il referendum abrogativo che permetterebbe di introdurre anche in Italia l’eutanasia legale. «Di fronte agli annunci di iniziative parlamentari e al proseguirsi della violazione dei diritti dei malati, già sanciti dalla sentenza della Consulta sul caso Cappato-Antoniani- spiegano i promotori -vogliamo precisare che il referendum è uno strumento legislativo per realizzare riforme con effetto vincolante, non è uno “stimolo” al Parlamento affinché legiferi, né tanto meno un alibi per il Governo e le Regioni per continuare a violare impunemente la legge. Continueremo infatti ad agire al fianco di persone malate che si vedono conculca con la violenza la propria libertà di decidere sul fine vita».