Saihanba, che significa “bella montagna”, si trova all’estremo nord della provincia cinese dello Hebei, sul confine meridionale del deserto di Hunshandake, precisamente nella zona dell’altopiano della Mongolia Interna. Proprio qui sorge la più grande foresta artificiale del mondo. Basti pensare che se tutti gli alberi presenti in quest’area fossero allineati alla distanza di un metro l’uno dall’altro, potrebbero fare il giro dell’equatore 12 volte. Eppure, più di cinquant’anni fa, questo era un luogo era una distesa di sabbia gialla.
Saihanba incarna il miracolo ecologico della Cina. Oggi, la superficie boschiva cresciuta da 240.000 mu (1 mu equivale circa a 667 metri quadrati) a 1.151.000 mu. Il tasso di copertura della foresta è aumentato dall’11,4% all’82%. Inoltre, questa area verde conserva e purifica 284 milioni di metri cubi di acqua dolce ogni anno. Xi Jinping ha annunciato che si impegnerà a piantare trentaseimila chilometri quadrati di nuove foreste, da qui fino al 2025.
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La Cina continua nella sua marcia verde per raggiungere l’obiettivo della neutralità carbonica, quelle “zero emissioni” entro il 2060. E lo fa impegnandosi a piantare alberi creando nuovi spazi verdi, ogni anno per i prossimi cinque anni, grandi quanto la superficie dell’intero Belgio.
«La qualità e la stabilità delle foreste nazionali, delle praterie, delle zone umide e degli ecosistemi desertici saranno completamente migliorate entro il 2035», ha spiegato qualche giorno fa Li Chunliang, vicepresidente della Commissione nazionale delle foreste e delle praterie. Illustrando gli obiettivi per l’ecosistema e la conservazione della fauna selvatica contenuti nel quattordicesimo piano quinquennale, Li ha sottolineato che la Cina vuole aumentare la propria “copertura forestale” dall’attuale 23,04% al 24,1%.
Nessun dettaglio in più, finora, sul tipo di alberi che verranno piantanti, visto che il documento parla di un generico “rimboschimento naturale”. Tra gli altri obiettivi da raggiungere: l’ampliamento delle rete dei parchi nazionali e un’ulteriore stretta al commercio illegale di specie selvatiche. Grazie ai suoi programmi di riforestazione, la Cina oggi sta diventando sempre più verde. Arrivare a zero emissioni, tuttavia, non significa che la Cina smetterà di produrne. Significa che le taglierà il più possibile e cercherà di assorbire ciò che rimane. La strada, però, è ancora lunga. Secondo i ricercatori di comparthemarket, infatti, soltanto la capitale, Pechino, avrebbe bisogno di piantare 15 milioni di alberi all’anno per compensare le emissioni di gas serra.
Quello della neutralità carbonica da raggiungere entro il 2060 è uno degli obietivi di Xi Jinping. La Cina oggi è però una grande contraddizione in tal senso. Primo inquinatore al mondo – responsabile di oltre un quarto (il 28%) di tutte le emissioni di CO2, con circa sessanta nuove centrali a carbone in costruzione – è però anche il Paese che genera più energia solare e le nuove centrali eoliche sono state nel 2020 il triplo di quelle costruite in qualsiasi altra nazione.