Il blocco del porto di Trieste è stato dichiarato illegittimo dalla commissione di garanzia degli scioperi. Lo ha reso noto un comunicato firmato dal presidente della commissione Giuseppe Santoro Passarelli. Il sindacato di base aveva proclamato il blocco di tutte le attività portuali dal 15 al 20 ottobre. I lavoratori si oppongono all’introduzione del Green pass e ne avevano chiesto la revoca. Successivamente il Coordinamento lavoratori portuali Trieste, si è detto disposto a revocare il blocco in cambio dello slittamento di un mese dell’entrata in vigore del certificato.
Lo sciopero (inizialmente a oltranza, poi limitato a cinque giorni) è stato proclamato dal Clpt (Coordinamento lavoratori portuali Trieste), una sigla vicina all’Unione dei sindacati di base (Usb), nella quale si riconosce la maggioranza dei circa 950 lavoratori diretti dell’infrastruttura. Il 40% di loro al momento non si è vaccinato. Inizialmente il Clpt aveva rifiutato anche l’offerta di tamponi gratuiti proposta dal Viminale. «Siamo in dittatura, faremo comunque lo sciopero e vedremo chi vincerà» è la prima reazione di Stefano Puzzer, portavoce del Coordinamento.
Quello di Trieste è il settimo porto in Europa per movimentazione totale di merci e primo in Italia con 62 milioni di tonnellate. È anche il primo terminal petrolifero del Mediterraneo e il primo porto ferroviario d’Italia. La situazione di Trieste sembra al momento unica in Italia. A Livorno, Gioia Tauro e Palermo le rispettive autorità portuali hanno comunicato che non prevedono disagi a causa dell’introduzione del green pass obbligatorio. A Genova il sindacato Usb ha minacciato uno sciopero (ma solo per la giornata di domani) se non verranno concessi i tamponi gratuiti. L’alta percentuale di lavoratori vaccinati a Venezia, Napoli e Civitavecchia sembra scongiurare problemi.
A fine settembre, in vista dell’entrata in vigore dell’obbligo della certificazione per i lavoratori del settore pubblico e privato stabilita dal governo, il Coordinamento aveva organizzato un’assemblea che aveva deliberato la contrarietà al Green Pass (definito in una nota «non una misura sanitaria, ma di discriminazione e di ricatto che impone a una parte notevole dei lavoratori di pagare per poter lavorare»). Aveva poi preannunciato una serie di azioni di protesta, minacciando il blocco delle operazioni al porto dal 15 ottobre. Di fronte alle richieste dei lavoratori del porto, il presidente dell’Autorità Portuale di Trieste Zeno D’Agostino aveva chiesto al governo una deroga speciale all’obbligo di Green Pass facendo notare che buona parte del lavoro dei portuali si svolgeva sulle banchine all’aperto. La deroga però non è stata accolta dal ministero delle Infrastrutture e D’Agostino, di fronte alla minaccia di astensione dei lavoratori, ha a sua volta minacciato di dare le dimissioni.
Il 12 ottobre, il ministero dell’Interno ha pubblicato una circolare in cui si invitano le imprese del settore portuale a mettere a disposizione del personale sprovvisto di Green Pass «test molecolari antigenici o rapidi gratuiti», il cui costo fino al 31 dicembre ricadrà esclusivamente sulle imprese che decideranno di farsene carico. E, durante un incontro in Prefettura, le aziende che lavorano al porto di Trieste hanno comunque dato la loro disponibilità a pagare i tamponi ai lavoratori fino al 31 dicembre, a patto che dal 16 ottobre «riprenda l’attività».
Il Comitato dei lavoratori portuali di Trieste ha però dichiarato di non voler prendere in considerazione alcuna mediazione e di voler mantenere come unico obiettivo l’eliminazione dell’obbligo di Green Pass: «Ribadiamo con forza e vogliamo che sia chiaro il messaggio che nulla di tutto ciò farà sì che noi scendiamo a patti fino a quando non sarà tolto l’obbligo del Green Pass per lavorare, non solo per i lavoratori del porto ma per tutte le categorie di lavoratori». È stato dunque confermato il blocco «ad oltranza».